Milano, un anno è passato ma i problemi restano
Sarebbe bello raccontarvi che qualcosa è cambiato. E un anno è servito per smussare angoli, coprire vuoti, curare ferite di una città che annaspa e arretra dietro la sua indiscutibile bellezza e il suo straordinario talento. Invece Milano è la stessa del 2023, se possibile inacidita dal tempo che passa e dai problemi che si sono fatti cancrena e non accennano a diminuire. Le due anime. Le due facce. La bella signora che svetta tra lustrini, eventi glamour, e case da mille e una notte. E la sorella sfigata che si arrabatta nei piani grigi delle periferie, nel traffico opprimente delle strade che sono piene di buche e grovigli, nelle facce che fanno paura dietro gli angoli bui e aspettano solo che passi la vittima di turno per fotterle il portafoglio e se possibile mandarla all’ospedale.
Dentro il Quadrilatero il lusso opulento e sfacciato, e di qua dal confine il vivere faticoso contando le monete a fine giornata o i metri di case che sono sempre più piccole perché oltre il monolocale è proibitivo andare. L’immagine del povero tassista sorpreso a bordo della sua auto da due rapinatori che gli hanno messo sotto il naso un trapano per portargli via telefono e portafogli la dice lunga su come si viva in bilico nelle notti milanesi. E la sfilza di famiglie che chiedono un pasto alla mensa dei frati mentre i turisti svicolano, inciampano, li bypassano come se quella non fosse Milano, è esemplare della povertà che si respira in certi strati della società. Il sindaco Sala è una brava persona e un manager espertissimo, ma sembra non percepire il cambiamento in atto. O non voler alzare il tappeto con il polverone che c’è sotto. La sua maggioranza parla per slogan. Il verde, le ciclabili, l’inclusione. Quale verde e quali ciclabili, se la città è un caos di buche e traffico impazzito e varcare il centro o solo posteggiare l’auto costa un occhio della testa?
Quale inclusione, se giri l’angolo e trovi il senzatetto che non sa a che santo votarsi per campare e neppure il vino del cartone lo conforta più. Fortunato chi non vede e non sente. Noi ieri sera uscendo dalla redazione ci siamo imbattuti nel solito esercito di senzatetto che da quasi un anno stazionano sotto i portici della via. Dormono su materassi gelidi. Hanno scatoloni che usano come comodini. Qualcuno legge libri usati cercando di mischiare il brivido dei denti al rumore delle macchine. Qualche altro affonda le ossa dilaniate dal gelo in coperte che alla mattina arrotola con perizia accanto all’unico paio di scarpe. Sarebbe bello dirvi che sono un caso. Una parentesi. Un incidente di percorso in una città dove tutto corre svelto insieme alle carte di credito dei turisti che affollano i ristorantini del centro e i localini alla moda della romantica Brera. Invece di senzatetto come questi se ne trovano a centinaia in città. Come chiamarli. Non so dirvi. Nessuno lo sa dire. Ma se questa è Milano, il bilancio è un calice amaro e l’anno che è passato non ha cucito ma solo allargato ferite e differenze.
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