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Il centrodestra si svegli se vuole vincere a Milano

Massimo Sanvito
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Certo, i sondaggi non sono verità scolpite su pietra. Certo, mancano ancora due anni e mezzo all’appuntamento. Certo, il Principato di Sala non è l’Eldorado. Però la sveglia comincia a suonare per il centrodestra e schiacciare il tasto posponi per far finta di nulla non può essere la soluzione. Perché Milano non è l’Italia e a queste latitudini Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia non possono permettersi di dormire sonni tranquilli. Anzi.

Le analisi di Youtrend strategies per le comunali del 2027 andranno pur prese con le pinze, viste le tempistiche e soprattutto l’assenza di nomi concreti in pista, ma c’è poco da scherzare col fuoco se dal primo sondaggio elettorale sulla metropoli (amministrata dal 2011 da Pd e compagni) emerge che la coalizione progressista raggiungerebbe il 50,4 per cento dei consensi, contro il 35,6 del centrodestra e il 14 di un’eventuale terza figura indipendente. Chiunque siano i candidati. Persino se a cercare du prolungare l’onda rossa su Palazzo Marino fosse Piefrancesco Majorino, l’attuale capogruppo del Partito Democratico in Regione nonché ex assessore comunale ai Servizi Sociali fautore delle famose marce pro clandestini e delle tavolate multietniche, in pole position per il dopo Sala. Non solo. Majorino, secondo Youtrend, sarebbe il nome (a pari merito con quello dell’ex direttore di Repubblica, Mario Calabresi) a godere della maggior fiducia tra gli intervistati: il 33 per cento di chi lo conosce (l’84 per cento del campione). Meglio di Maurizio Lupi (27) e Letizia Moratti (23), giusto per citare due nomi usciti sul tavolo del centrodestra.
Majorino, l’espressione dell’ala più sinistra del Pd con ottimi rapporti nel mondo dell’associazionismo accogliente e inclusivo, l’uomo delle marce pro clandestini e delle tavolate multietniche, il catalizzatore dei collettivi ambiental-antagonisti.

Per farla breve: chi ha votato Ilaria Salis (21.271 preferenze in città alle scorse Europee per la paladina dell’abusivismo) starà strenuamente con lui qualora fosse il candidato designato. E dovrebbe bastare questo per far scattare subito l’allarme nel centrodestra da oggi in avanti. Perché il volto della Milano più autentica non è questo e soprattutto perché il fatto che la città sia ormai di sinistra e dunque non più contendibile è falso. Milano non è Bologna. Gli spazi perché il centrodestra se la riprenda ci sono e non sono nemmeno piccoli. Basti pensare che gli indecisi, in vista delle comunali, sarebbero il 37,7 per cento. Lo zoccolo duro del Pd (al 32,5 per cento se si votasse per le politiche) e l’ascesa di Alleanza Verdi e Sinistra (10,3 per cento) sono indiscutibili ma l’area del centro, inteso sia come orientamento di voto che come zona della città, potrebbe fare la differenza. Soprattutto se il candidato della coalizione rosso-verde sarà Majorino, che oltre a vedere fascisti dappertutto non ha mai fatto mistero di disdegnare i moderati (non a caso alle regionali lombarde del 2023 il fu Terzo Polo di Calenda e Renzi lo aveva mollato contribuendo al suo mega flop di fronte ad Attilio Fontana).

Il centrodestra, al netto del candidato sindaco da non sbagliare, ha più di una freccia nell’arco per centrare il bersaglio grosso. Dalla mobilità, sconquassata dagli ultrà green a colpi di ciclabili e migliaia di chilometri quadrati pedonali, allo sviluppo urbanistico, a serio rischio con gli amici del “no a tutto” vista pure la diatriba sul Salva Milano che sta più a cuore al governo che non alla maggioranza che sostiene il sindaco Sala. E la sicurezza, su cui i più ruspanti dibattono a ogni piè sospinto mettendo giustamente nell’angolo la sinistra che minimizza le coltellate per strada e i furti sui mezzi? È un tema, e non certo secondario, ma da sola non basterà per convincere la maggioranza dei milanesi che andranno al seggio a bocciare i compagni. La parola d’ordine, ora, è categorica: vietato perdere tempo.

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