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I ragazzi della Baracca, una storia degli anni Settanta

Al Ponte della Ghisolfa verrà presentato il 6 luglio "Il sangue politico" di Nicoletta Orlandi Posti che racconta la storia di cinque anarchici e di un dossier scomparso

Nicoletta Orlandi Posti
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Ci sono storie drammatiche e misteriose che sono ancora ferite aperte per chi ha conosciuto i protagonisti. Storie che risalgono a tanti anni fa, ma che non hanno smesso di essere ricordate e tramandate perché non cadano nell'oblio e non vengano ripetuti gli errori del passato. Una di queste è stata raccontata da Nicoletta Orlandi Posti nel libro "Il sangue politico" (editori riuniti) che verrà presentato sabato 6 luglio, alle 20, nei giardini del circolo anarchico "Ponte della Ghisolfa" a Milano.  Il libro - Con la prefazione di Erri De Luca, il volume racconta la storia di Gianni Aricò, di Angelo Casile, di Annelise Borth, di Franco Scordo e di Luigi Lo Celso che trovarono la morte a soli vent'anni in uno strano incidente stradale sull'autostrada del Sole, nei pressi di Ferentino, la notte tra il 26 e il 27 settembre 1970. Erano partiti dalla Calabria per portare a Roma, ai compagni della Federazione Anarchica Italiana, un dossier di contro-informazione misteriosamente scomparso dal luogo dell'incidente. La loro vicenda e il dossier che avevano messo insieme si intreccia con alcune delle pagine più oscure e insanguinate della storia italiana collegate da un inquietante filo nero che parte da piazza Fontana, passa per i moti di Reggio, la strage di Gioia Tauro, il golpe Borghese. E ancora il caso Marini, l'omicidio De Mauro, la tragica fine di Mastrogiovanni. "Dei libri che ho letto da più di quarant'anni sulla gioventù politica degli anni '70, questo li riassume tutti", scrive Erri De Luca nella prefazione. "Nicoletta Orlandi Posti non appartiene a quell'epoca, ha voluto sapere. Nessuna scuola, nessuna faticosa giornata della memoria le ha trasmesso quello che ha scritto qui. Ha voluto conoscere e darsi cittadinanza di coetanea. Ѐ il miglior traguardo di uno studio storico. Qui c'è il prodotto riuscito della sua volontà di appartenenza. Riuscito su due piani: la più serrata e documentata indagine e un montaggio narrativo che trasforma perfino il verbale di un interrogatorio nel dialogo di una sceneggiatura". I funerali dell'anarchico Pinelli - L'occasione della presentazione del libro di Nicoletta Orlandi Posti è il ricordo di Pietro Valpreda organizzato, come ogni anno il 6 luglio, dai compagni del ballerino anarchico ingiustamente accusato e detenuto per la strage di piazza Fontana. Ma non solo. Il 6 luglio il Ponte esporrà una copia fotografica a grandezza naturale per denunciare il comportamento del sindaco Giuliano Pisapia a proposito dell'opera di Enrico Baj "I funerali dell'anarchico Pinelli". L'istallazione dove essere inaugurata il 17 maggio 1972, ma venne rimandata a data da destinarsi per via dell'omicidio di Luigi Calabresi che fu compiuto lo stesso giorno. L'anno scorso, finalmente, la città di Milano ha potuto ammirare dal vivo, per qualche mese la grandiosa composizione: 3 metri di altezza e 12 di lunghezza, con 18 figure ritagliate nel legno e unite con la tecnica del collage che raccontano in uno spazio atemporale il momento della caduta dell'anarchico ed il momento dei suoi funerali. C'è Pino Pinelli al centro che precipita dalla finestra illuminata dove 4 mani si sporgono, e ad accompagnarne la caduta, o meglio a schiacciarlo verso terra vi sono delle braccia mostruose prive di corpi, alcune di esse armate con armi da taglio e bottiglie. Il pannello principale si divide in due gruppi che circondano la figura centrale. A sinistra vi sono coloro che partecipano ai funerali, alcuni piangono, altri puntano il dito in segno di accusa, molti hanno i pugni alzati. A destra invece ci sono dei personaggi che non hanno niente di umano, a parte le mani, hanno decorazioni militari sui petti e sono tutti armati. All'esterno del pannello principale vi sono le figure delle figlie, Silvia, con la mano sugli occhi, Claudia che stende le braccia verso il padre e la moglie Licia, protesa verso il centro, che urla disperata. Tutto questo a settembre dell'anno scorso è stato rimpacchettato e restituito al proprietario che invece era ben disposto disposto a regalarlo alla città di Milano purchè le venisse una data una sistemazione dignitosa e definitiva. Pisapia purtroppo ha ignorato il dono della preziosa opera di Baj arrecando un enorme danno al prestigio della città e alla memoria.  di Sebastiano Solano @Se_ba_86

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