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Pasolini pittore esposto in casa Testori

Le tele del grande scrittore e regista a Novate Milanese: autoritratti e soggetti ispirati al suo maestro Longhi e agli amici Ninetto Davoli e Laura Betti

Giulio Bucchi
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Molti conoscono  il Pasolini (Casarsa 1922 – Roma 1975) scrittore, poeta, regista, giornalista, pochi il Pasolini pittore. Ora una mostra dal titolo Pasolini a Casa Testori (Largo Testori 13 - Novate Milanese) documenta  questa passione non troppo segreta che l'intellettuale friulano manifestò fin dagli anni '40 del Novecento. Anni in cui il giovane pittore diciassettenne potè incontrare a Bologna il grande storico dell'arte Roberto Longhi che all'università, nell'anno accademico 1940, stava tenendo proprio  il corso su “Fatti di Masolino e di Masaccio”. Assisteva a quelle lezioni perfino il primo assistente di Longhi, vale a dire Francesco Arcangeli, lo stesso che argomenterà criticamente sul “naturalismo padano”. Ad Arcangeli Pasolini mostrerà  il suo tesoro, ossia quei quadri eseguiti durante l'estate precedente a Casarsa, sua terra natale. In mostra si troveranno cinquanta opere tra disegni e dipinti  insieme ad appunti autografi e corrispondenze inedite,dalle opere giovanili e adolescenziali fino a quelle dei primi mesi del  '70, periodo  di ritorno alla pittura dopo una pausa trentennale. In pittura si legge un Pasolini bucolico, lirico, carico di grazia, leggero e fragile nei segni che appena demarcano paesaggi e figure.  Un Pasolini pittore dolce e melanconico , differente dal Pasolini scrittore, giornalista  o regista polemista  e apocalittico, tuffato viceversa in un quadro infernale come d'altronde vuole rappresentare l'umanità corrotta dal consumismo. Di grande magia “Ninetto (sta per Davoli) e Laura Betti” del '67, mi richiama un suo bellissimo e grande disegno - non in mostra - che ho visto in una significativa collezione leccese in cui si vede la testa del Davoli ricciuta che sbuca da un mare di arance. E ancora “ragazzo che si lava” del '43, un “autoritratto”  sempre dello stesso anno e un ritratto di Roberto Longhi. Del viso di Longhi Pasolini è sedotto se  decide tra il '74 e '75 di declinare quel viso in tutta una serie di varianti. Per ritratti e autoritratti ha un debole, li ricava con pochi tratti tirandone fuori la personalità e l'anima. E' fondamentale sapere che da questa mostra se ne esce rappacificati, nel senso che il Pasolini profeta degli elzeviri milanesi è ormai lontano, se questi dipinti e disegni invece ci raccontano di un uomo che ancora coglie l'incanto della realtà ,attraverso uno stile antico, giacchè  dice: “io sono una forza del passato. Solo la tradizione è il mio amore”. E difatti nessuna spinta d'avanguardia, solo un recupero della tradizione italiana con Masaccio e Giotto,e dei contemporanei Morandi, Carrà e De Pisis, compresi  i francesi come Bonnard, carico di luce e colore. Temi famigliari, quotidiani, teneri, che sfuggono alla cronaca ma  tengono alta l'atmosfera che trapassa tempi e luoghi, figure e cose,   fermate dal segno della poesia.                                         di Carlo Franza  

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