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Ok alla dialisi peritonealeper l'insufficienza renale

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Questa rimane la terapia migliore per preparare i pazienti al trapianto e per garantire una qualità di vita migliore

Maria Rita Montebelli
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Il trapianto rappresenta il trattamento preferenziale per pazienti affetti da insufficienza renale cronica, in quanto è capace di restituire una normale funzionalità renale e permettere alla maggior parte dei pazienti il ritorno a una vita socialmente produttiva, “Ma è pure vero che ogni  anno i pazienti in lista d'attesa sono circa 7.000 a fronte dei 2.000 interventi effettuati, senza contare che il tempo  medio per un trapianto è di più di tre anni. Ecco perché la dialisi dovrebbe essere sempre garantita ai pazienti e offerta con elevati standard di qualità”, ha fatto presente Valentina Paris, Presidente dell'Associazione Nazionale Emodializzati – Dialisi e Trapianto Onlus (Aned) nell'incontro scientifico che si è tenuto a Caltanissetta: ‘L'insufficienza renale cronica: Governance della malattia e sostenibilità economica', realizzato con il contributo incondizionato di Baxter. In Sicilia, come in molte regioni italiane, l'ago della bilancia pesa ancora eccessivamente a favore dell'emodialisi contro la dialisi peritoneale, quella che i pazienti possono fare comodamente a casa in ogni momento della giornata. Anche questo dato è emerso durante l'incontro organizzato dalla  dr.ssa Flavia Caputo, U.O.C. Nefrologia e Trapianto OSP. Civico di Palermo, dal dr. Epifanio Di Natale, U.O.C. Nefrologia e Dialisi ASP e dal  prof. Michele Buemi, Policlinico Universitario di Messina U.O.C. Nefrologia e Dialisi. “Ragionando in termini di sopravvivenza dei pazienti, di economicità per le famiglie e per il sistema sanitario – così come di qualità di vita per chi si deve sottoporre ad un trattamento che incide così tanto sulla quotidianità dei malati – è indubbio che il trattamento di dialisi peritoneale, permette di mantenere più a lungo la funzionalità renale residua con una qualità di vita molto migliore dal momento che può essere effettuato a domicilio, anche nelle ore notturne” ha continuato Paris. Sarebbe quindi auspicabile che ogni paziente, anche a prescindere della Regione in cui abita, potesse avere la stessa possibilità di ottenere informazioni per sollecitare la scelta della metodica. “I nostri pazienti in dialisi hanno infatti la consapevolezza e conoscono perfettamente il costo della cura a cui sono sottoposti molto più del cittadino comune e ne hanno rispetto. Spendere meno e curare meglio è possibile se i diretti interessati sono coinvolti e possono partecipare alla cura con informazioni costanti sulle terapie a cui vengono sottoposti. Il malato che ha capito è colui che si cura meglio ed è aderente alle terapie prescritte”, ha concluso Paris. La situazione siciliana. C'è quindi una maggiore esigenza di partecipazione del paziente alla scelta metodica dialitica più idonea. “Non dimentichiamo infatti che i dati ci dimostrano come la dialisi peritoneale, soprattutto nel caso in cui vi sia la possibilità di andare al trapianto in breve tempo, come nel caso di un trapianto da donatore vivente ad esempio, rappresenti la terapia migliore, il ‘ponte', che permette di attuare con successo il trapianto – ha ricordato Flavia Caputo – Purtroppo però è colpevolmente non utilizzata in particolare modo nelle regioni come la Sicilia (5% circa) dove il trattamento dialitico è affidato alle strutture private/convenzionate che sono autorizzate ad eseguire soltanto i trattamenti extracorporei (emodialisi). Ciò denota uno scarso interesse a fornire quella corretta informazione che sarebbe invece necessaria affinché i pazienti siano messi nelle condizioni di fare una scelta veramente consapevole. Ma non ci sono solo brutte notizie per la sanità siciliana: la Regione ha infatti fatto dei passi avanti negli ultimi anni approvando il decreto che sancisce un supporto economico a coloro che decidono di autogestire il trattamento dialitico a casa propria”. La delibera che sancisce l'erogazione di un contributo economico per le cure domiciliari nei pazienti affetti da insufficienza renale terminale, già attuata nel 2011 in Sicilia, è stata proprio di recente riconfermata con il decreto 001771 di settembre 2013. In base infatti alla relazione del Direttore del Centro Regionale Trapianti il sistema sperimentale reiterato implicherebbe risparmi pari a 1 milioni di euro. “Il ruolo del medico di medicina generale è un elemento fondamentale nella cura dei pazienti affetti da insufficienza renale cronica – ha sottolineato Epifanio Di Natale – L'azione di prevenzione è infatti fortemente influenzata dall'operato del medico di famiglia che deve mettere in campo azioni per individuare in tempo la malattia e di conseguenza indirizzare il paziente da uno specialista nefrologo. Purtroppo molte delle patologie renali che portano all'insufficienza renale cronica sono asintomatiche, motivo per cui l'obiettivo è quello di diagnosticare la malattia prima che entri nella fase cronica. Per far questo il medico di base dovrebbe quindi tenere sotto controllo i pazienti a rischio, come i diabetici e gli ipertesi, e fare sia un'analisi delle urine che un esame del sangue per misurare la creatinina serica, uno dei marcatori usati per valutare la funzione renale.  I pazienti con una diagnosi già fatta devono poi entrare in un "setting" nefrologico ed essere gestiti in collaborazione tra lo specialista nefrologo ed il medico di medicina generale. Questa collaborazione avrebbe un effetto importante sulla progressione della Malattia Renale Cronica e sulla riduzione dei costi per il Servizio Sanitario regionale”. (LARA LUCIANO)

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