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Più tasse, recessione, deficit: Monti si è bruciato il tesoretto

Pil a picco: -1,5% per il governo, -2,2% per l'Fmi. Le aziende muoiono, in fumo i miliardi guadagnati dal calo dello spread

Giulio Bucchi
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Magari il problema fosse lo spread a 400 punti. Il guaio dell'Italia è la crescita zero e la riduzione del Pil, una mancanza di ossigeno ormai cronica ma che nel 2012 si aggrevarà ancora a causa della manovra recessiva del governo Monti. Troppe tasse, pochi aiuti concreti alle imprese, riforme tentennanti o solo abbozzate anche là dove serviva la mannaia. Repubblica parla di "via spagnola alla crisi" facendo riferimento alla manovra lacrime e sangue del premier Mariano Rajoy: l'austerità aggrava la recessione già in atto, comportando meno entrate per lo stato e maggiori spese pubbliche, che richiederanno una nuova ondata di austerità e via così, fino a che il deficit non porterà al collasso.   Polillo a Belpietro: niente manovra-bis: guarda il video su LiberoTv Balletto sul Pil - Mercoledì arriverà il tanto atteso (e slittato) Documento di economia e finanza, che dovrebbe mettere fine al balletto sui numeri del Pil. Le ultime stime del governo prevedono un calo del Prodotto interno lordo nel 2012 tra l'1,3 e l'1,5%, decisamente più ampio dello 0,4% annunciato qualche tempo fa. Sarebbe però già qualcosa di positivo, visto che secondo il Fondo Monetario Internazionale il crollo sarà del 2,2%. Dati forse troppo pessimistici, visto che l'Ocse parla di un meno 0,5%, la Commissione Ue di -1,3%, Bankitalia di -1,5% e Confindustria di -1,6 per cento. Obiettivo pareggio - Con un Pil comunque in frenata, qualunque sia l'entità del segno meno, diventa difficile (o forse impossibile) centrare il pareggio di bilancio nel 2013. I 100 miliardi racimolati con le manovre degli ultimi 18 mesi (due terzi di tasse) non sono bastati, ma sul fronte entrate Monti può star tranquillo: tra Imu e Iva, i soldi arriveranno. Il problema è dove mettere quei soldi e la manciata di miliardi risparmiati sugli interessi dei Btp grazie alla diminuzione dello spread dai 500 punti di novembre ai 400 circa di oggi: non andranno alle aziende (già alla canna del gas perché le banche non fanno credito) ma a ripianare i disastri fatti dalla recessione. Recessione, come detto, facilitata dalle manovre tasse-tasse-tasse del professore. E, sottolinea sempre Repubblica, "se vale la regola secondo cui ad ogni punto percentuale in meno del Pil il disavanzo pubblico cresce di mezzo punto, abbiamo già ingoiato, rispetto alle previsioni precedenti, tutti i risparmi dello spread". Se andasse come prevede l'Fmi (-2,2%), servirebbero dunque 15 miliardi di euro: se non sarà necessaria un'altra stangata, di sicuro andrà in fumo il tesoretto derivato da spending review e vendita di parte del patrimonio pubblico.  

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