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La Cgil: "Condoniamo gli evasori"

Il segretario di Treviso sfida Napolitano: "Se si costringe gli imprenditori a chiudere le attività ci rimettono tutti"

Giulio Bucchi
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Un condono ideato ad hoc per tutti quegli imprenditori evasori che decidono di autodenunciarsi al Fisco. Un accordo tra imprese, sindacati, Guardia di Finanza, procure ed Agenzia delle Entrate, per spingere chi non è in regola ad uscire allo scoperto, a portare alla luce il sommerso, tutto il “nero” accumulato in passato, offrendogli in cambio uno sconto sulla pena e sulle sanzioni da pagare. È quanto propone Paolino Barbiero, segretario della Cgil di Treviso, allarmato dalle conseguenze che i sempre più frequenti blitz delle Fiamme Gialle all'interno delle aziende venete potrebbero avere sull'occupazione locale, «perché sempre più imprenditori sembrano intenzionati a mollare la presa una volta pizzicati dalla Guardia di Finanza, con perdite secche di posti di lavoro». Secondo il segretario della Cgil di Treviso, in tempi di crisi come questi è decisamente meglio chiudere un occhio di fronte alle somme evase negli ultimi anni e venire incontro agli impresari che decidono di autodenunciarsi, piuttosto che colpirli con sanzioni tali da metterne a rischio l'attività, con il serio pericolo di lasciare a casa centinaia se non migliaia di lavoratori. Barbiero è sicuro che «se ci accontentiamo soltanto di far pagare agli imprenditori quanto hanno evaso, avremo un guadagno che probabilmente non coprirà i costi sociali derivati dalla rarefazione degli investimenti e dalle chiusure delle attività». Di qui, secondo il segretario della Cgil di Treviso, la necessità di un accordo che «permetta di risparmiare tempo e denaro sulle indagini, stabilendo un nuovo equilibrio basato sull'etica economica e sulla lealtà fiscale». Il messaggio, dunque, è che per il bene di tutti è necessario dare una seconda possibilità a chi ha sbagliato, punendo sì i trasgressori, ma con pene che non li costringano ad abbassare le serrande. La proposta, che naturalmente è destinata a far discutere anche perché giunge a poche ore dalle parole del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, che ha definito gli evasori «indegni dell'Italia», è stata lanciata all'indomani di una maxi-operazione della Guardia di Finanza di Treviso all'interno di due aziende produttrici di mobili - la Jesse e la Mario Zaccariotto spa - che tra il 2004 e il 2011 avrebbero evaso ricavi per 100 milioni di euro, oltre a 32 milioni di Iva, ed avrebbero impiegato irregolarmente 434 lavoratori, di cui 13 completamente in nero. I due rappresentanti legali delle aziende sono stati denunciati per dichiarazione fraudolenta e le autorità hanno provveduto al sequestro di beni per 13 milioni di euro. Pare che parte dei ricavi evasi fosse destinata ai “fuori busta” per i dipendenti delle due ditte, delle entrate extra che i lavoratori, se le accuse fossero confermate, potrebbero presto dover giustificare al Fisco. Come è recentemente accaduto ad alcuni dipendenti di una conceria di Arzignano, nel Vicentino - la Gheber - che ora stanno versando allo Stato le tasse evase, con tutte le maggiorazioni previste dalla legge. Il blitz della Finanza è stato commentato con parole molto dure dal presidente della Federlegno del Triveneto, Antonio Zigoni, che pur definendo «non condivisibile» la pratica dell'evasione, sostiene che «agli imprenditori trevigiani del mobile coinvolti nell'inchiesta andrebbe fatto un monumento perché hanno dato al territorio uno sviluppo incredibile con sacrifici personali enormi». Secondo Zigoni, quindi, è giusto punire chi ha sbagliato, chi non ha versato quanto dovuto allo Stato, ma senza accanimento, perché «c'è chi prende 40 mila euro di pensione senza avere mai prodotto nulla o ha fatto crollare l'Alitalia o le Ferrovie ed ha ricevuto buonuscite milionarie. Quelli sono da galera» tuona Zigoni «non gli imprenditori che hanno prodotto ricchezza». di Alessandro Gonzato

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