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Il patto di ferro tra Maroni e Tosi: "Partito a me, il Veneto a te"

Ai prossimi congressi, favoriti gli uomini dell'ex ministro: Salvini in Lombardia e il sindaco di Verona come leader della Liga Veneta

Lucia Esposito
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Bobo Maroni ha vinto su tutta la linea: Rosi Mauro è stata espulsa dalla Lega. Quasi all'unanimità. E anche questo è un segno dei nuovi tempi: a provocare i Barbari Sognanti di questi tempi si va a schiantarsi contro il muro. Solo Bossi e il cerchista Reguzzoni hanno provato a opporsi, ma alla fine hanno ceduto.  Fuori la sindacalista pasionaria,   fuori la badante. E fuori pure l'ex tesoriere Belsito.  Si salva Renzo Bossi, al quale il Consiglio federale ha riconosciuto il bel gesto delle dimissioni dalla Regione. Lo scrivevamo già ieri, Maroni doveva mostrare subito in Consiglio federale i muscoli e così ha fatto nonostante le resistenze di qualcuno. «La Lega è diversa: chi sbaglia paga e si deve vedere», aveva detto ai suoi nei giorni precedenti la kermesse di Bergamo. Bobo doveva far capire che il tempo dei giochetti simil-cerchio magico è finito. La ramazza s'è messa in movimento: congressi regionali (nazionali, per dirla col linguaggio del Carroccio) il 2-3 giugno e congresso nazionale il 30 giugno, primo luglio. Il nodo dello Statuto Ma torniamo alle polemiche di ieri e a quella regola dello statuto per cui presidente federale e segretario federale non possono essere espressione della stessa regione. «Lo cambieremo», aveva fatto sapere lo stesso Maroni. E infatti - da quanto apprendiamo - una riforma dello statuto è già in discussione seppure nelle primissime fasi. Lo statuto attuale è figlio del congresso di Pieve Emanuele, quello in cui nel 1991 nacque la Lega Nord, ed era tarato sulla leadership totale di Umberto Bossi, segretario plenipotenziario cui andava affiancato un presidente non targato Lega Lombarda e con un minimo di potere d'interdizione. Erano gli anni della fusione delle leghe: Lega Lombarda e Liga Veneta si sentivano sorellastre, unite solo dall'esigenza di arrivare più forti al federalismo, per cui l'assegnazione della segreteria a Bossi doveva essere in qualche modo bilanciata. Ora che la leadership di Bossi è solo simbolica e la Lega si sta avviando a una nuova fase con Maroni, anche quello statuto andrà riscritto. In altre parole, la nuova leadership di Maroni non sarà ostacolata dallo statuto: «L'equilibrio territoriale sarà rafforzato», dicono i maroniani. E infatti al fine di tornare a essere «la Potentissima» l'ex ministro dell'Interno ha intenzione di valorizzare i sindaci e i giovani. Per questo prendono sempre più corpo le candidature unitarie di Matteo Salvini come successore di Giorgetti alla Lega Lombarda e di Flavio Tosi alla guida della Liga Veneta. Da quel che sappiamo infatti la sfida tra Tosi e Zaia sarebbe stata resettata da un patto sponsorizzato da Maroni e siglato la notte scorsa, in base al quale il candidato unitario sarà proprio il sindaco veronese. Chi esce sconfitto è Gianpaolo Gobbo, l'attuale reggente della Liga Veneta, nemico giurato di Tosi; nei giorni scorsi Gobbo per sparigliare aveva tentato la carta Zaia, il quale si è ben guardato dall'accettare. Tutti gli uomini di Roberto Maroni vince su tutta la linea e s'avvicina al congresso federale sempre più forte. Il passaggio di ieri su Rosi Mauro è di non poco conto. Il rifiuto della pasionaria in tailleur verde a dimettersi è stato letto come un atto ostile alla Lega, da qui la decisione drastica della radiazione. Un provvedimento al quale ha tentato di opporsi lo stesso Bossi, ma invano. Non passa inosservato che nella giornata di ieri si registra la più sonora delle sconfitte per il Cerchio, il cui potere dentro via Bellerio fino a poco tempo fa era sconfinato: tanto Rosi Mauro quanto Belsito infatti appartenevano alla stretta cerchia di persone vicinissime al Capo e ancor più alla moglie Manuela. Ieri la Lega ha voltato pagina sulla spinta dello scontento della militanza. Uno scontento montato poco alla volta, raccolto da Maroni quando via Bellerio diventava anche nell'immaginario popolare il fortino del potere (e le inchieste giudiziarie sembrano confermare…). L'attacco prima a Tosi poi, più duro, proprio all'ex ministro dell'Interno ha fatto scoppiare il bubbone costringendo tutti a uscire allo scoperto. È toccato al Bobo caricarsi sulle spalle la voglia di cambiamento e metterci la faccia. E i muscoli. di Gianluigi Paragone

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