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Selvaggia: dimmi come spendi, ti dirò che partito sei

La Lucarelli e la sociologia degli investimenti dei politici: dalle notti allegre del Cav alla casa di Fini e lo scandalo Puglia

Giulio Bucchi
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È un po' che ci penso. Non rubano tutti allo stesso modo, i nostri politici. E soprattutto non spendono i loro soldi, rubati e non, nella stessa maniera. Scialano i loro guadagni e investono i bottini trafugati, aderendo ad uno schema su cui Carl Gustav Jung avrebbe molto da dire: lo schema del complesso. Compreso e corredato di tutte quelle pulsioni e nevrosi che ne conseguono. Della serie: dimmi come spendi e ti dirò che complesso ti porti dietro. E la casistica, nella vita politica di questo sgangherato paese, è ormai così ricca di aneddoti, episodi e dinamiche manifeste e ripetute, che potremmo riassumere la psicologia dei nostri politici più o meno così: a destra hanno il complesso di non essere abbastanza maschi, a sinistra quello di non essere abbastanza ricchi, in casa leghista di non essere abbastanza colti. Stendiamo per un attimo la destra sul lettino dell'analista e psicanalizziamo gli scandali che l'hanno coinvolta negli ultimi anni. Potrei adottare una terminologia che scomodi psiche ed archetipi, ma Jung non si offenderà se dico che 'sti scandali ruotano, più o meno tutti, attorno alla gnocca. In principio fu Cosimo Mele, autentico pioniere dei festini eleganti a base di Coca Cola, stappata però da due escort in guepiere. Poi toccò a Gianfranco Fini, inguaiato nella faccenda della casa a Montecarlo. E finalmente s'arrivò alla sublimazione della dipendenza da gnocca, col Cavaliere e i racconti epici su ragionieri che pagavano affitti alle preferite del sultano, regali, ciondoli, Mini coupè, bunga bunga e statuette di Priapo. Che uno potrebbe pensare: beh, a destra i soldi li usano per godersi la vita, mica per riparare la grondaia in terrazza come Bossi. Ma non serve neppure aprire il bignami della psicanalisi per capire che dietro la famelica pulsione di correre dietro alla gnocca si nasconde un inquietante mix di machismo d'accatto condito da un disperato bisogno di rassicurazioni sulla propria potenza sessuale, una spruzzata di complesso edipico (mamma Rosa docet) e virilità fascistoide dal sapore più vanziniano che dannunziano. Morale: col portafogli, a destra, ci comprano conferme sulla loro virilità. Poi c'è la sinistra. Gli ex comunisti non hanno complessi machisti, figuriamoci. Del resto, quel paio di scandali sessuali che li riguardano, da Marrazzo a Sircana, non sono tratti dal manuale delle migliori performance di Rocco Siffredi. Però, a guardare come rubano, viene fuori che hanno un complesso dai connotati proletari: quello di non essere abbastanza ricchi. L'assessore vendoliano Alberto Tedesco viene indagato per uno strano incremento del fatturato dell'azienda sanitaria di famiglia dopo la nomina. In pratica in Puglia, se ti serviva un laccio emostatico, lo dovevi comprare dal figlio di Tedesco. Mastella e consorte finiscono indagati quando lui è Ministro di giustizia durante il governo Prodi. E anche lì, spuntano fuori piscine a forma di conchiglia che perfino le sorelle Kardashian sono un po' meno pacchiane nell'esibire la ricchezza. E dalla piscina a forma di mollusco si passa alla vasca con le cozze pelose di Michele Emiliano, che uno dice: è la sintesi perfetta. A destra inguaiati dalla gnocca, a sinistra dalla cozza. Ma soprattutto, costose prelibatezze che ti aspetteresti nella villa di Briatore in Kenia, non nella jacuzzi di un ex magistrato. E infine lo scandalo più recente e più clamoroso: l'ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi che avrebbe sottratto dalle casse del partito venti milioni di euro circa. E a cui hanno sequestrato cinque appartamenti in Abruzzo, una villa ad Ariccia e due milioni di euro su un conto corrente. Jung non avrebbe dubbi: a sinistra rubano per la paura, atavica, di non essere abbastanza ricchi. Infine c'è il caso Lega. Che è il fenomeno più curioso e affascinante. Se è vero quello che è venuto fuori dal fiume di accuse che ha investito il Carroccio, da quelle parti hanno il complesso più mortificante e grigio che si possa avere: quello di essere ignoranti. E qui Jung scomoderebbe l'humus su cui matura il partito e un'ampia parte dei suoi elettori. Anni spesi sui campi a lavorare, a far quadrare i bilanci, ad accumulare soldi frutto del duro lavoro e poco tempo per starsene chini sui libri. Finisce così che la nevrosi del mancato pezzo di carta è, paradossalmente, la prima causa di tutti i guai di Bossi: 130 mila euro per far laureare Renzo a Londra, la Lega che paga la laurea a Rosy Mauro, la Mauro che la paga a Pier Mosca. Insomma, il complesso del banco (vuoto) risolto col banco(mat). E tutto questo, va detto, col risultato che un giorno Renzo Bossi potrà annunciare tronfio: «Ora che mi ho laureato anch'io, la smetterete di prendermi in giro». E insomma, altro che ci vogliono i tecnici, ci vogliono i giovani, ci vogliono le riforme, ci vuole rigore. Forse, per avere politici più onesti, ci vorrebbe un buon analista per tutti. Tanto, i nostri politici, le spese dello psicologo le metterebbero a carico dello Stato. A loro insaputa, ovviamente. di Selvaggia Lucarelli

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