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Lavoro, le imprese in rivolta: con Fornero posti a rischio

Oggi vertice delle categorie, si cerca equilibrio tra testo del governo e modifiche dei partiti. Nodo flessibilità in entrata

Giulio Bucchi
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L'appuntamento è per le 18 di oggi. Foresteria di Confindustria a via Veneto. A fare gli onori di casa Emma Marcegaglia. Tra gli invitati Abi, Ania, Alleanza per le Cooperative e Rete Imprese Italia. Si dovrà discutere - e trovare una strategia comune - sui possibili emendamenti da “suggerire” al Parlamento sul ddl lavoro modificato dal governo la scorsa settimana. Insomma, si vuole stimolare la ricerca di un punto di «equilibrio» tra la riforma varata “salvo intese” dal Consiglio dei ministri lo scorso 23 marzo, e le modifiche apportate dai partiti. Uno dei problemi da affrontare è certamente la flessibilità in entrata. L'aumento dei costi per i contratti a termine, il contributo aggiuntivo per ricondurre l'abuso di alcune tipologie contrattuali entro margini tollerabili, è indubbio che faranno parte della scaletta dell'incontro. E la stessa presidente di viale dell'Astronomia ad indicare i problemi che fanno della proposta una “pessima riforma”. «Domani (oggi, ndr) ci vediamo per concordare i punti fondamentali che chiediamo di cambiare. Mi auguro», ha premesso Marcegaglia in un incontro a Rovigo, «che quanto ha detto il sottosegretario Catricalà rappresenti la volontà del governo e dei partiti di maggioranza». La presidente degli industriali  fa riferimento alle timide aperture del sottosegretario alla Presidenza, Antonio Catricalà, che ha sussurrato la disponibilità dell'esecutivo a «buone correzioni», salvo poi sterzare e ribadire che l'impianto generale non si tocca. Consapevole che al momento non è possibile stravolgere la proposta messa a punto tra governo e partiti di maggioranza, dopo la voce grossa anche Marcegaglia riallinea il tiro. «Nessuno di noi», ha puntualizzato, «sta chiedendo di stravolgere tutto, però ci sono alcuni punti, in particolare sulla flessibilità in entrata, che se non dovessero venir cambiati non solo non creerebbero nuova occupazione, ma rischierebbero di ridurla, in un momento come questo tutto dobbiamo fare tranne che rischiare di ridurre l'occupazione». C'è poi il totem dell'articolo 18. La presidente di Confindustria ieri ha ribadito che «la nostra posizione rimane che l'accordo raggiunto il 23 marzo era una buona soluzione, mentre questa dà un po' d'incertezza e rimette in mano ai giudici la decisione sui licenziamenti per motivi economici. Questo non vuol dire che non ci sia stato avanzamento rispetto a prima: la verità è che non si sa cosa succederà». Di certo il governo non ha intenzione di tagliare le tasse: né alle imprese, né ai lavoratori. E Marcegaglia, consapevole, è tornata all'attacco: il peso delle tasse, ha ribadito, «è uno dei livelli più alti che ci sia in Europa. È per questo che è così difficile fare crescita, consumare, fare investimenti. Quindi penso che il governo si debba porre il problema serio di abbassare le tasse». Ma non saranno solo le grandi aziende a premere per limature e integrazioni. C'è chi, come la Federazione pubblici esercizi (Fipe) chiederà di portare al tavolo, per esempio, l'allargamento della “stagionalità” (gli esercizi su base stagionale non dovrebbero pagare il contributo Aspi dell'1,4%) anche alle iniziative culturali, fieristiche, sportive e convegnistiche, perché altrimenti resterebbero restano fuori tutte le ipotesi di intensificazione legate alla fluttuazione e alla ciclicità. A contestare, preoccupati, la riforma anche i collaboratori. Infatti «le nuove norme che disciplinano le partita Iva  mettono a rischio molti posti di lavoro», avverte la Fondazione Studi dei Consulenti del lavoro. di Antonio Castro

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