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La Tanzania ha rifiutato i soldi: no dei 'baluba' alla Lega Nord

La banca africana respinge gran parte dei 4,5 mln versati da Belsito: "Denaro poco trasparente". E i fondi tornano in Italia

Andrea Tempestini
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Dalla procura di Milano che indaga sullo scandalo che sta travolgendo la Lega Nord emergono grottesche indiscrezioni. L'ultima riguarda la banca della Tanzania a cui l'ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belisto, voleva versare quattro milioni e mezzo di investimenti che aveva promosso in prima persona. Secondo quanto si è appreso, l'istituto africano, probabilmente insospettito dal carattere informale dell'operazione e probabilmente spaventato dalle notizie di cronaca, rifiutò la somma. 'Niet' pure di Cipro - E' quanto emerge dagli ambienti giudiziari milanesi. A parlare dei flussi di denaro, in particolare, sarebbe stato il promotore finanziario Paolo Scala. Quelle somme, ritengono gli inquirenti, sarebbero rientrate nei giorni scorsi sui conti italiani della Lega. E un rientro consistente sarebbe avvenuto anche da Cipro, dove le operazioni finanziarie di Belsito avevano portato a un deposito di 1,2 milioni di euro: di questi la consistente fetta di 850mila euro sarebbero  rientrati in Italia.   Sviluppi dell'inchiesta - Nel frattempo, la Procura di Milano per voce del procuratore capo Edmondo Bruti Liberati ha smentito ogni novità nel registro degli indagati: per ora, dunque, l'unico indagato eccellente resta l'ex tesoriere della Lega Francesco Belsito. Nel frattempo, dopo Milano, Napoli e Reggio Calabria altre due Procure indagheranno sui fondi del Carroccio. Quella di Genova ha aperto un fascicolo contro ignoti ipotizzando i reati di truffa ai danni dello Stato e riciclaggio in relazione a una intercettazione telefonica in cui Belsito dichiara di avere dato 50mila euro all'attuale segretario ligure della Lega Nord Francesco Bruzzone per un posto nel cda di Fincantieri. La Procura di Bologna ha a sua volta aperto un fascicolo conoscitivo sui conti della Lega emiliana. Si tratta di fatto di un atto di prassi derivante da alcune dichiarazioni rilasciate alla stampa da ex esponenti del Carroccio bolognese circa un presunto giro di fondi neri.    

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