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Il nuovo miracolo di Bossi: risorto dopo tre giorni

Passo indietro del Senatùr? No, anzi. Dopo le dimissioni parla di complotti e prova a riprendersi la Lega. Ma così il partito non guarirà

Giulio Bucchi
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Cominciamo dai fatti. Giovedì sera Bossi da le sue «irrevocabili dimissioni». Segue una scena  degna dell'addio dei grognard a Napoleone che parte per Sant'Elena: commozione e grandi caragnate. Il Consiglio Federale lo nomina però subito presidente del partito in sostituzione di Alessandri che si fa ossequiosamente da parte. La stessa sera Bossi dichiara che chi ha sbagliato pagherà, qualsiasi sia il suo cognome, e che lui resterà vicino alla Lega. Per farlo anche fisicamente, venerdì va e viene da via Bellerio. In serata dice di avere parlato con il figlio, che le accuse contro di lui sono infondate, e che è una mossa di Roma Padrona. Sabato Bossi rilascia una serie di dichiarazioni a tutto campo. Martedì è convocata a Bergamo una giornata dell'orgoglio padano il cui ospite principale è il dimissionario. Prima considerazione. Chi lo conosce, sa benissimo che Bossi non lascerà facilmente la sua creatura in mano ad altri. E poi è inimmaginabile che possa passare il suo tempo in casa in dotti conversari con la sua peculiarissima famiglia o ai giardinetti di Gemonio. Seconda considerazione. Tutta la vita di Bossi è fatta di irrevocabilità revocabilissime, di affermazioni perentorie che durano poche ore, di penultimatum che sono sempre seguiti da smentite, precisazioni e pen-penultimatum. Terza considerazione. Chi vuole davvero togliersi di torno, lo fa: non resta nei paraggi a cincischiare. Quando De Gaulle si è dimesso, se ne è andato con «tante» Yvonne in Irlanda per un po'. Dopo si è ritirato a Colombey-les-Deux-Eglises a scrivere le sue memorie. É sicuro che abbia tenuto stretti rapporti con i suoi collaboratori e successori ma non ha più fatto dichiarazioni né si è più fatto vedere all'Eliseo. I suoi figli non si sono mai occupati di politica. Quarta considerazione. Lo Statuto della Lega prevede che in assenza di un segretario, la funzione sia affidata al presidente, cui spetta il compito di gestire il partito e di convocare i congressi. In altre parole, Bossi è succeduto a sé stesso. Sorge prorompente il dubbio che ci stiano prendendo per il didietro, che la sceneggiata sia servita per svuotare le ghiandole lacrimali, per scaricare un po' di tensione e prendere tempo. Così fosse, sarebbe un vero peccato. Bossi si sarebbe dovuto dimettere anni fa quando si era reso conto che la sua menomazione non gli permetteva più di essere quello di sempre. Quella dell'altro giorno è stata l'ultima occasione che il destino gli ha fornito in zona Cesarini di uscire di scena con dignità. Tutti hanno fatto finta che lui fosse vittima innocente delle imprudenze di famigliari un po' ciula, e delle macchinazioni di collaboratori infedeli: peana generali, ponti d'oro, commemorazioni elogiative e un po' di lacrime vere e false.  Il movimento ne sarebbe uscito pulito, l'entusiasmo della base avrebbe ripreso consistenza e si sarebbe potuto iniziare una salvifica operazione di bonifica interna. Per un paio di giorni i leghisti si sono sentiti leggeri, hanno potuto esprimere in totale libertà (come non accadeva da molto tempo) le loro opinioni: sollevati e ringalluzziti da un passaggio doloroso ma liberatorio. È sbocciata la speranza che la Lega potesse tornare a essere il necessario referente nella lotta contro lo statalismo, il centralismo e la corruzione. La vera Lega. Invece, i dubbi dei più scettici hanno preso a crescere davanti al comportamento di Bossi. Ha ricominciato a giustificare la prole, a santificare la moglie e a scaricare tutto su un paio di gaglioffi che l'avrebbero ingannato: una posizione estremamente pericolosa perché i gaglioffi non hanno ancora aperto tutti i cassetti e mostrato tutte le fotocopie. Niente è più pericoloso di un gaglioffo che si sente fregato. Conoscendo l'alta stima  che ha di sé, a Bossi sarà certo venuto in mente un parallelo che sembra blasfemo ai più: tradito e caduto il giovedì santo, risorge la domenica di Pasqua. Errore: neanche Gesù è più tornato a Gerusalemme ed ha affidato i suoi alla colomba dello Spirito Santo. Bossi ha a disposizione solo pesci e ha la tentazione di non mollare il posto. Così distruggerebbe davvero la Lega. di Gilberto Oneto

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