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Puccini, Zingaretti, Bova & C. Gli stipendi d'oro delle fiction

La tv che non conosce crisi. Per una serie di 2 puntate con l'attrice servono fino a 400 mila euro. E Montalbano ne chiede 400mila a puntata

Giulio Bucchi
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I politici non sono gli unici ad avere stipendi intoccabili. Esiste infatti un'altra casta immune agli effetti della recessione: quella degli attori tv. Stando infatti a un'inchiesta del mensile specializzato Tivù, le star della nostra fiction non solo si guarderebbero bene dal rivedere i propri compensi (come invece stanno facendo i colleghi dell'intrattenimento), ma addirittura vantano cachet stellari, che lievitano di anno in anno. Prendiamo, per esempio, i tre volti maschili di punta delle nostre produzioni: Luca Zingaretti, Beppe Fiorello e Gigi Proietti. Il primo, per Il commissario Montalbano, arriverebbe addirittura a chiedere 450mila euro a puntata. Il costo di Fiorellino varierebbe invece tra i 400mila e i 600mila euro totali, per una miniserie da due puntate. Anche se, secondo gli addetti ai lavori, l'artista è l'unico disponibile a rivedere il proprio compenso. Servirebbero invece circa 500mila euro totali per avere Proietti in una miniserie da due puntate. E ancora: per interpretare Don Matteo Terence Hill prenderebbe poco meno di 1 milione, mentre, fuori da quel di Gubbio, Nino Frassica chiederebbe, in tutto, 500mila euro per una storia da sei serate. Raoul Bova, legato a un'esclusiva Mediaset, percepirebbe complessivamente 300mila euro per un tv movie, 500mila euro per una miniserie da due puntate e 1,2 milioni per una miniserie da 6 episodi. In rialzo le quotazioni di Lando Buzzanca: forte del successo de Il Restauratore, per una serie chiederebbe 70mila euro a puntata. Resta invece ancora accessibile la stella nascente Flavio Parenti: se lo si ingaggia per una miniserie da due episodi, bastano circa 60mila euro totali. Non concede sconti nemmeno il fronte femminile: Gabriella Pession  arriverebbe a chiedere 100mila euro a puntata per una miniserie da 6 episodi, mentre se si vuole realizzare una fiction da 2 puntate con Vittoria Puccini occorrerebbero dai 100mila ai 200mila euro a puntata; il cachet di Kasia Smutniak si aggirerebbe invece sui 250mila euro totali. È chiaro che compensi di questa caratura sarebbero (in parte) comprensibili se si legassero a prodotti evento. Un po', per intenderci, come accade nell'intrattenimento con i vari conduttori di Sanremo o, nel recente passato, con Fiorello e Giorgio Panariello: l'eccezionalità dell'appuntamento giustifica l'eccezionalità dell'esborso. Il problema è che qui, invece, si sta parlando di attori che coprono, da soli, la maggior parte dell'offerta fiction, impersonando anche più di un ruolo a stagione. Non solo. Senza nulla togliere all'impegno necessario per calarsi nel ruolo, le cifre sopra citate corrispondono a un periodo di lavoro compreso tra le 4 e le 8 settimane. Ora, ammesso  che questo sia il loro valore di mercato (i colleghi del cinema percepiscono anche un quinto rispetto ai volti della fiction), in un periodo in cui gli investimenti sono all'osso e si fanno i salti mortali per far quadrare i conti,   permettere che i compensi degli artisti assorbano il 25% del budget totale può voler dire mettere a rischio l'unico genere che ancora funziona in tv. Tra l'altro, a scompaginare i conti, contribuiscono anche gli autori. Le firme della fiction saranno infatti anche incomprese (come lamentano) ma si possono consolare con il portafoglio: per scrivere una miniserie da due episodi, Andrea Purgatori (La leggenda del bandito e del campione, Caravaggio) guadagnerebbe tra i 120mila e i 180mila euro totali, Giancarlo De Cataldo (Romanzo criminale, Gli ultimi del paradiso) tra i 120mila e i 140mila euro, Rulli&Petraglia (La meglio gioventù, O' professore)  240mila. Infine, Umberto Contarello (Il segreto dell'acqua, Rino Gaetano - Ma il cielo è sempre più blu) costerebbe 60mila a puntata per una miniserie da sei puntate. È ora di fare economia… di Francesca D'angelo

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