Vita spericolata di Belsito tra studi falsi e tanti soldi
Guida senza patente e tanti soldi, la biografia di Francesco Belisto, l'uomo del denaro in Tanzania
Umberto Bossi l'ha difeso, dicendo che il tesoriere della Lega Francesco Belsito «è un buon amministratore, ha scelto bene come investire soldi, non in Africa, ma in Norvegia». Certo, ha aggiunto il leader padano, «la prossima volta magari chieda a me prima di fare investimenti all'estero». Poche parole che sbriciolano la tesi secondo cui il capo sapeva tutto. Evidentemente ignorava i quattrini spediti anche a Cipro e in Tanzania e che, secondo Roberto Calderoli, sono già tornati in Italia. Anche se l'ultima traccia li ha avvistati in Australia. Sono giorni difficili per Belsito, colpito da un'inchiesta accurata del Secolo XIX firmata da Matteo Indice e Giovanni Mari. I due hanno ripercorso la vita del tesoriere lumbard, che a 22 anni si faceva beccare alla guida senza patente (non perché l'aveva dimenticata: non l'aveva proprio) e poco dopo si faceva denunciare dall'università di Genova per colpa di un diploma probabilmente farlocco, strappato ad Afragola (Napoli) e che secondo i carabinieri del posto aveva due anomalie grosse così. Primo: il suo nome non risultava nell'elenco degli esaminandi. Secondo: la firma del preside non corrispondeva. Studi falsi Pensare che il tesoriere aveva raccontato ai giornali d'essersi diplomato al Palazzi, nel capoluogo ligure, ma proprio Libero aveva verificato che così non era. Belsito aveva collezionato una serie di bocciature alla maturità, prima di tentar fortuna in Campania. Poi, l'iscrizione all'ateneo di Genova che però ha sentito puzza di bruciato. Belsito s'era quindi rivolto a due università straniere, a Malta e a Londra, anche se parla solo il francese. Ha quindi annunciato d'essere specializzato in Scienze Politiche e in Scienze della Comunicazione, anche se non può esibire i titoli in Italia. Un dettaglio, secondo lui. Infatti ha fatto finta di nulla, quando s'era definito dottore sul sito del governo. Se la storia scolastica del tesoriere è un po' burrascosa, non è da meno quella professionale, tra “miliardi di lire spariti e amicizie pericolose”, stando ai titoli del Secolo XIX. In sintesi, il quotidiano genovese parla di due crac ravvicinati e ricorda l'accusa a Belsito, da parte di un curatore fallimentare, di essersi intascato centinaia di milioni di vecchie lire intestandosi indebitamente assegni, oltre ad aver abusato delle carte di credito per fare la bella vita. Altro capitolo sono le sue amicizie pericolose, ovvero i soci in affari: molti di loro hanno avuto problemi con la giustizia. Lo storico manager Nell'elenco c'è anche un certo Ermanno Pleba, storico manager Dc, che nel 2003 era finito sui giornali perché pizzicato dalla polizia doganale transalpina all'aeroporto di Ginevra. Stava per volare a Nizza con circa centomila euro. Pleba, raccontano le cronache, aveva cominciato la carriera come vigile e poi s'era improvvisamente infilato nei cda di alcune società genovesi, tra cui la “Cost Service” che coinvolgeva pure Belsito e che è andata in liquidazione nel 2001. I due, stando a quanto raccontato da Pleba al Secolo XIX, entrarono in affari nel 1999. Nello stesso anno, l'ex vigile era anche nella Eco-Ge insieme ad alcuni esponenti della famiglia Mamone, già al centro di alcune inchieste scottanti. Nella Eco-Ge c'è anche Luigi Mamone. Suo padre Vincenzo, ormai deceduto, secondo i giornali aveva festeggiato il battesimo di un nipote con esponenti della 'ndrangheta. Per questo era stato ribattezzato dai quotidiani liguri “imprenditore amico dei boss”. Mossa da vipera Tornando a Pleba, lui ha lanciato accuse pesanti: «Per Belsito pilotavo appalti, poi mi rovinò». Anni fa, davanti ai magistrati, Belsito aveva ammesso anche di fare regali ai finanzieri, «ma non mi sembrava una forma di corruzione». È così sicuro d'essere pulito, il leghista, da mollare la Porsche Cayenne nei parcheggi riservati alla polizia di Genova. Una mossa che aveva fatto incazzare come vipere i sindacati degli agenti. Resta un grande dubbio: come ha fatto a entrare nel Carroccio? Dopo aver bazzicato Forza Italia (era portaborse di Alfredo Biondi), s'era attaccato all'allora tesoriere padano Maurizio Balocchi. Secondo Pleba, Belsito raccontava che l'uomo era malato e che quindi ne avrebbe preso il posto. Forse non è vero, ma di sicuro è andata così. Dopo la morte di Balocchi, Belsito è diventato il custode della cassa. Per maneggiare i quattrini di via Bellerio (milioni e milioni di euro) è affiancato da Roberto Castelli e Piergiorgio Stiffoni, che però – dicono loro – non sono mai riusciti a scandagliare per bene i conti. Belsito, vicino alla famiglia Bossi e quindi al cerchio magico, ha parlato di «ignobili attacchi mediatici», e meno male che nessuno ha ricamato sul suo biglietto da visita trovato a casa di Ruby Rubacuori. Roberto Maroni vorrebbe un altro tesoriere. di Matteo Pandini