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Articolo 18, verso l'accordo: cosa ottengono Pdl e Pd

Lavoro, sulla flessibilità in uscita si va verso il modello tedesco; in entrata si lotta contro la rigidità dei contratti

Andrea Tempestini
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L'accordo sull'articolo 18 è prossimo. Il punto d'incontro tra Pd e Pdl, che si troverà nella discussione in Parlamento, prevede uno scambio tra flessibilità in uscita e in entrata. Sulla prima si va verso il modello tedesco, sulla seconda, invece, si punta ad eliminare gli adempimenti burocratici e alcune rigidità per i contratti non a tempo indeterminato. Qui Pd - Il Pd, nel merito, propone di raffozare nel caso di licenziamenti economici, la conciliazione (come avviene per quelli collettivi). Se non si arriva all'accordo si va davanti a un giudice. Ma arrivati a quel punto non toccherà al lavoratore dimostrare che non sussistono ragioni economiche per essere licenziato, come prefigura la bozza redatta dal ministro Elsa Fornero. Così l'onere della prova toccherebbe al datore di lavoro, ma in ogni caso il Pd non pensa a un reintegro automatico. Qui Pdl - Riguardo alla flesisbilità in entrata, più si estendono le tutele ai lavoratori flessibili, con l'Aspi e la mini Aspi, più diventerà semplice armonizzare il sistema. In soldoni, se il governo estenderà gli ammortizzatori anche ai co.co.pro. e agli altri precari, il Pd è pronto ad alleggerire il carico della aziende. Alfano e il Pdl, però, restano cauti. La disponibilità a discutere c'è. Ma è necessario rivedere la flessibilità in entrata, per esempio lasciando l'apprendistato così com'era previsto nel decreto Sacconi, eliminando le comunicazioni e i vari balzelli che si richiedono alle aziende se fanno contratti flessibili.

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