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Gonne su, evviva la cellulite Malattia? Semmai la calvizie

Selvaggia: negli spot maschilisti l'effetto buccia d'arancia è sfiga che non lascia scampo. E allora dateci l'invalidità...

Andrea Tempestini
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  La mia soglia di sopportazione nei confronti di slogan e pubblicità è piuttosto alta. Tollero, seppure a fatica, perfino Ricky Tognazzi versione rapper in andropausa che intona l'irresistibi - le ritornello «Ascolta fratello, guarda che ganzo, prova Glassa Ponti e cotoletta di manzo». E lo tollero nonostante mi chieda da anni chi lo costringa, a parte il vil denaro, a mettere la faccia in spot tanto urticanti, se sia ricattato dai servizi segreti, dalla massoneria o dalla Yakuza che ha messo le mani sul traffico internazionale delle glasse agrodolci. C'è però uno spot che non proprio non sopporto. Uno spot di fronte al quale la reazione più mite e misurata che ho è quella di girare la testa a 360 gradi e parlare una lingua estinta del circuito mitteleuropeo. Sto parlando della pubblicità che ci ricorda con martellante allarmismo che «la cellulite è unamalattia». Non un difetto, un'imperfezione, una piaga d'Egitto, no, una malattia. Noi donne con la cellulite non siamo semplicemente sfigate perchè ci sono più buchi sulla nostra chiappa destra che nel bilancio della Regione Sicilia, no, siamo malate. Non è che Giselle Bundchen è una gnocca imperiale e noi siamo passabili. No, è che Giselle Bunchen è una don na sana, con aspettative di vita rosee e promettenti e noi, le cellulitiche, siamo degli infermi relitti prossimi al commiato da questa esistenza terrena a causa di una malattia che non lascia scampo: la ritenzione idrica. Altrocheinfarti, ictusepancreatiti, qui moriremo tutte di cellulite fulminante. Di chiappa sformata. Di cuscinetti killer. «Sai, è morta Valentina». «Ma così, all'improvviso?». «Eh, purtroppo aveva una culotte de cheval incurabile e non ha superato il terzo giorno diciclo. L'adipe localizzata l'ha stroncata». Discorsi incui vi sarete imbattutemigliaia di volte, immagino. Così come immagino che lo sloganvitrasmetta unfortesensodi empatica preoccupazione per Valeria Marini, perchè se è vero che la cellulite è una malattia, Valeriona nostra è su per giù allo stadio terminale.  Ora, è evidente che il copywriter che ha partorito questo testo è un individuo di sesso maschile. E non è solo un copywriter che vuolevendere un prodotto insinuando il dubbio che di cellulite si muoia,ma è un pubblicitario che odia profondamente il genere femminile. Che non è appagato all'idea che le nostre chiappe abbiano più crateri diBerlino dopo i bombardamenti,ma vuoleminare anchela nostra autostima e la nostra serenità scatenandouna furiosa ipocondria da buccia d'arancia. Potremmo arrabbiarci e ne avremmo il diritto, amiche donne.  Ma avrei un piano b, oltre che un lato b assai malato. Assecondiamoli, questi geni della comunicazione. Diamogli ragione. Non esagerano, non vogliono insinuarci il dubbio di non essere semplicemente cesse, ma pure inferme. Non sono dei gretti maschilisti che non hanno idea di cosa voglia dire alzarsi da un asciugamano cercando di raggiungere lariva amarcia indietro travolgendo ombrelloni e bagnanti per non mostrare i retroavvallamenti. No. Loro hanno ragione. Noi siamo malate: invito tutte le impiegate statali colpite da adiposi localizzata a mettersi in malattia. Tutte le donne con giro coscia superiore ai 50 cm devono pretendere un assegno di invalidità, per cui la Fornero si sedessealtavolo delletrattativee con le gambe leggermente sollevate daterra per favorirela circolazione perché al primo avvallamento sospetto pretendiamo che si metta in malattia pure lei. Le casalinghe colpite da ritenzione killer smettessero di pulire, lavare e stirare.Si sdraiassero a letto in attesa che il loro destino di chiattone terminali si compia. Pretendiamo che Somatoline ce lo passi la mutua, come le pillole per gli infartuati. Che venga istituito un ministero del decotto drenante. Che la liposuzione sia mutuabile. E infine, visto che il difetto è grave infermità e abbiamo deciso che è sacrosanto elevare la cellulite al rango di malattia, siano considerate malattie terminali anche la calvizie, l'irsu - tismo sulla schiena, il russare con labolla alnaso eil calzinobianco corto. È proprio vero: il maschilismo è una malattia.  di Selvaggia Lucarelli  

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