Giusti era già stato indagato ma il Csm lo aveva assolto
Arrestato il gip di Palmi con l'accusa di coprire gli affari della 'ndrangheta in cambio di squillo e bella vita
Arrestato un esponente della zona grigia tra la società civile e la 'ndrangheta. Con l'aggravante stavolta di essere un giudice, per di più «ossessionato dal sesso e dalla bella vita». E dai numerosi viaggi su modello businessman a Milano. A leggere le carte del Tribunale milanese sembrerebbe di essere di fronte a una marionetta mossa dai clan per avere uno schermo “rispettabile” e un personaggio disposto a passare informazioni e a gestire anche società che incameravano con privilegi beni che di lì a poco sarebbero stati pignorati. A finire in manette è stato ieri Giancarlo Giusti, giudice di Palmi arrestato nell'ambito di un'indagine condotta a Milano sulla 'ndrangheta. Per lui l'accusa è di corruzione con tutte le aggravanti del caso. Dall'ordinanza di custodia cautelare firmata dal gip Giuseppe Gennari emerge un quadro complessivo deprimente. «Le pagine di diario riportate», si legge nell'ordinanza, «sono solo una quota parziale. Ma tutte propongono gli stessi temi ricorrenti: ossessione per il sesso, per lo più a pagamento, esigenze economiche legate ad un tenore di vita sicuramente elevato, spasmodica ricerca di occasioni di guadagno». Giusti, indagato da tempo, avrebbe ricevuto dal clan Lampada più o meno 70 mila euro e venduto la propria funzione violando i principi di imparzialità, probità e indipendenza. Il giudice nel 2005 era stato assolto dal Csm al termine di un procedimento disciplinare riguardante un immobile vinto dal suocero proprio in una gara d'asta. Dall'ordinanza di arresto di ieri emerge infatti che Giusti sarebbe stato una sorta di socio occulto degli uomini del clan Valle Lampada nel periodo in cui si occupava di esecuzioni immobiliari al tribunale di Reggio Calabria. A finire nei guai è stato infatti anche Giulio Lampada, presunto esponente della locale e “amico” interessato del giudice. I presunti mafiosi avevano creato una società italiana controllata da una svizzera con legami nei Caraibi e che si occupava di acquisire immobili. In questa società Giusti non avrebbe messo un euro, perché secondo l'accusa tutte le spese venivano pagate dal clan, ma il giudice avrebbe agito come amministratore di fatto. «Giusti fa parte a pieno titolo della famigerata zona grigia. È uno di quegli esponenti che “contano” della società civile che, per debolezza strutturale e propensione caratteriale», ribadisce il gip milanese Gennari, «accetta di entrare in un vorticoso giro di scambi illeciti con individui la cui matrice criminale è facilmente identificabile». Insomma, un pesce «fragilissimo e, per costume di vita, esposto alla tentazione di condotte illecite», che abbocca alle lusinghe del clan. Anche perchè «il beneficio di tutto ciò travalica il confine personale di Giulio Lampada», sottolinea ancora Gennari, «e porta vantaggio a tutta la famiglia, che è poi entità qui corrispondente al nucleo dell'associazione mafiosa. Il giudice Giusti è una di quelle preziose caselle, nello scacchiere delle conoscenze utilitaristiche, che amplifica la capacità di penetrazione e guadagno del sodalizio». Così funziona la criminalità mafiosa. Punta tutto sulle debolezze. di Claudio Antonelli