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Facci: Tabucchi senza pace, tutti a tirargli la giacchetta

Da Travaglio a Di Pietro, dopo la morte di Tabucchi è rissa tra giornalisti e politici per intitolarsi l'impegno civile dello scrittore

Matteo Legnani
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Fateci capire, dovremmo scrivere che Tabucchi era un cretino? Sarebbe questo il modo di onorarlo senza ipocrisia e infingimenti? Ogni volta che muore qualcuno spunta un qualche esegeta che pretende di reggere la bara da solo e che sparpaglia attestati di inimicizia: questi lo censurarono - dice, compunto e animoso - e quest'altri pure, io invece solidarizzai con lui che mi chiamava sempre, dunque stia zitto Caio, e ammutolisca Sempronio, soprattutto «nessun politico dica una parola sulla sua morte». L'ha scritto Travaglio poco prima che Di Pietro ricordasse «tutte le battaglie contro le leggi ad personam» sostenute dallo scrittore. Il quale era un letterato prestato all'impegno civile (e presto restituito) del genere che sognava rivoluzioni, martìri, persecuzioni, liberazioni, regimi opprimenti, proiezioni letterarie: ma ricordarlo solo per l'impegno civile sarebbe come ricordare George Clooney solo per il Sudan. Tabucchi scrisse sciocchezze incommensurabili - contenti? - e non so se gli piacerebbe essere celebrato in articoli che parlano di Schifani, De Magistris, Ferrara, Sofri e  Annozero. Certe miserie lasciamole ai vivi, che di qualcosa devono pur morire. I custodi dell'ortodossia ripuliscano dal proprio ego le bare altrui: e si rassegnino anche se Tabucchi, a dispetto dell'impegno civile, ha lasciato solo letteratura e neanche un verbale da pubblicare. di Filippo Facci

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