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Il sondaggio che sotterra Fini Disprezzato pure dai suoi

Certificato il rapido declino del leader: il 61% degli elettori non lo vuole. Nel 2011 i malpancisti erano al 45 per cento

Lucia Esposito
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Il concetto di antipolitica è declinabile in diversi aspetti. Tipicamente vi è un'antipolitica legata al qualunquismo e all'egoismo. Quella di chi lascia agli altri, volontariamente e acriticamente, il compito di governare; senza proporre nulla, facendo la propria vita. Poi vi è quella detta “passiva”, di chi vorrebbe esercitare la politica, ma non ne viene coinvolto e dunque ne resta fuori. C'è quella “attiva”, quella di chi vede le forme della politica condivisa come fonte di inutili inconcludenti procedure; quella di chi vuole il risultato, anche a scapito delle regole. Infine vi è un'antipolitica che non è altro che un abbandono dell'interesse per delusione o disgusto nei confronti dei partiti e degli esponenti politici. Soprattutto per essere ritenuti dediti all'interesse personale e non a quello collettivo. Su questo aspetto, che molto probabilmente definisce sempre più il fenomeno nel nostro paese, si è concentrato l'ultimo studio di Analisipolitica.it. Il 63% di chi dice di votare un partito esprime spesso disprezzo proprio per i leader del partito da lui scelto.  Una quota alta, due su tre, che già da sola dice molto su quale sia il clima verso l'attuale classe politica italiana. Ma le dinamiche più interessati si rilevano nell'analisi dei partiti, soprattutto in considerazione a come è evoluto questo atteggiamento negativo rispetto allo scorso anno. In generale, il disprezzo per i propri leader sembra essere un sentimento maggiormente percepito nella sinistra e nel centro, piuttosto che nella destra. Il 77% degli elettori di Sel, il 73% di quelli dell'Idv e anche quelli dell'Udc (73%). Valori di 10-15 punti più alti della media nazionale.  Non lo stesso accade nel centrodestra: solo la Lega con il 67% risulta sopra ai valori medi; Fli di poco sotto e il Pdl solo al 49%. Nel centrodestra, però, è molto evidente un fenomeno che nel centrosinistra rimane invece circoscritto: quello del forte incremento di questo biasimo rispetto allo scorso anno.  Futuro e Libertà era nel 2011 il partito in cui meno si disprezzavano i dirigenti, solo il 45%. Ebbene nel giro di pochi mesi questo dato è salito di 16 punti. Anche la Lega Nord non è distante da questi valori, l'incremento rispetto allo scorso anno è stato del 13%. Come se fosse montata una vampata di rabbia. Assolutamente non in linea con questa tendenza il PdL, la cui base, nonostante la caduta del governo di Silvio Berlusconi, continua a disprezzare meno degli altri la propria dirigenza, rimanendo sempre sotto la metà.  C'è un'indubbia differenza in quanto accade nella sinistra e nella destra. A sinistra è certamente più comune  criticare i propri leader. Vuoi perché in fondo i segretari del partito non hanno più cariche  a vita come ai tempi del PCI. Nel Pd vengono addirittura eletti con le primarie, quindi  è endemico che vi sia una fazione avversa che critica. Quindi mi pare «normale» che il livello di disprezzo verso i leader  sia più a sinistra che a destra. A destra invece la situazione è differente. Nei tre partiti presi in considerazione i leader sono sempre  stati «il Papa». Nella Lega le critiche vanno inevitabilmente a Bossi, perché è  quello che ha sempre tenuto le redini: 3/4 della base lo vuole cambiare. Su Fli, non è chiaro se le critiche vadano a Bocchino e alla sua gestione o a Fini e alla sua non-gestione. E  comunque anche il Terzo polo non ha riscosso alcun successo  nella base. Di sicuro la delusione in entrambi è palpabile e imputata  ai capi più che nel Pdl. di Arnaldo Ferrari Nasi *Sociologo politico

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