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Volo ora si crede Celentano: "Chiudete i giornali"

A Radio Deejay Fabio attacca la stampa per l'incendio dell'Allegra: "I giornalisti non sanno più che cazzo scrivere..."

Matteo Legnani
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La stoltezza, si sa, è contagiosa. Una volta diffusa nell'aria, attecchisce con rapidità sbalorditiva sui soggetti sensibili, e tra questi gli uomini di spettacolo sono particolarmente vulnerabili. Il primo untore è stato Celentano, col suo comizio a Sanremo, in cui invocava la chiusura di Avvenire e Famiglia Cristiana perché a lui non piacciono. Bel teorema: il pubblico deve leggere solo i giornali che piacciono a Adriano, che da cantante si proclama imperatore.  Ora accanto all'imperatore abbiamo il suo tribuno di fiducia, Fabio Volo. Credendo di essere anticonformista, ieri Volo nella sua trasmissione Il Volo del mattino su RadioDeejay ha commentato in stile celentanesco la vicenda della Costa Allegra, la nave da crociera finita in panne alle Seychelles. Volo si genuflette totalmente all'esempio di Celentano: se un giornale non piace, deve chiudere. Non ha gradito che i giornali abbiano messo in prima pagina la notizia dell'avaria della Costa Allegra, «non è successo niente, si è solo spenta la luce, non è morto nessuno», ha commentato, «vogliamo dire che se non ci fosse stata l'altra nave, quella con i morti, questa notizia non l'avrebbero neanche detta?». E poi, attribuendosi pure lui le prerogative imperiali di  Celentano: «Possiamo fare meno giornali? Meno notizie? Mettere quelle importanti? Questa roba che ci sono duemila giornali che ventiquattrore su ventiquattro si devono aggiornare...». In effetti ha ragione Volo, è proprio una seccatura quest'aggiornamento continuo, «non possiamo fermare il tempo, farlo avanzare solo quando è importante?». No, questo non l'ha detto, ma è possibile l'abbia pensato. La sua analisi del fenomeno è molto acuta: «I giornalisti non sanno più che cazzo...» sottinteso: scrivere. Lui invece lo sa, pubblicando con cadenza annuale romanzi gradevoli e certamente indispensabili, «importanti» nella storia della letteratura.  Comunque l'uscita di Volo è utile, perché ora sappiamo con chiarezza qual è il primo sintomo del montato di successo: chiedere la chiusura dei giornali. Credevamo fosse una prerogativa dei gerarchi, dei commissari del popolo, ma sopravvalutavamo l'avversario: è prerogativa di Adriano e i suoi imitatori. Gente che naturalmente non ha niente da ridire sui giornali quando recensiscono i loro dischi, i loro libri, i loro spettacoli, quando li intervistano, insomma quando si occupano in vario modo di loro. Che il successo dia alla testa è risaputo, e segni preoccupanti li abbiamo notati quando Volo, apparentemente guascone ma in realtà vanesio, ha annunciato alle Invasioni Barbariche che «il mio libro ha venduto quasi un milione di copie e è tradotto in diciannove lingue». Ne siamo lieti per te, Fabietto, e abbiamo anche accolto con simpatia il tuo ultimo romanzo, scrivendone un elogio. E in fondo troviamo anche divertente questo tuo gettare la maschera, rivelarti per quello che sei, non l'ex panettiere di Brescia che ha fatto la gavetta, ma il buon parvenu dei nostri tempi, così tipico nel mondo dello spettacolo, che una volta ottenuto il successo del milione di copie la spara grossa per far sentire la sua voce nel pollaio.    

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