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Mills: "Scusa Silvio, dissi balle, la vostra giustizia fa paura"

L'avvocato inglese a Libero: "Ho mentito al fisco, non pensavo che un tribunale potesse usare le mia parole senza sostenerle con prove"

Giulio Bucchi
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Prima di farsi intervistare, David Mills, 67 anni, 5 figli e avvocato in pensione, mi gira un verbale da casa sua a Stratford-upon-Avon nella contea del Warickshire scritto di suo pugno in data 18 gennaio 2012 depositato al Tribunale di Milano che smonta completamente l'accusa. Lo leggo. Allucinante. Il documento di 14 pagine secche spiega la vera provenienza dei famosi 600 mila dollari al centro sia del processo a Mills sia di quello a Berlusconi. Non c'entrano, ovviamente, né Berlusconi né Fininvest. Quei soldi facevano parte di una tranche di 2.050.000 dollari trasferita il 22 luglio 1997 da un conto dell'armatore napoletano Diego Attanasio presso la banca MeesPierson nelle Bahamas a un conto bancario di Mills presso la banca CIM di Ginevra dove arrivarono il 23 luglio 1997. Mills gestiva le operazioni offshore di Attanasio e  i 600 mila dollari erano la sua quota degli investimenti. Tutto lì. Allegate al verbale sono delle fotocopie della power of attorney (una procura ndr), firmata da Attanasio, in data 4 luglio 1997, a favore dell'avvocato inglese e di tutte le rilevanti operazioni bancarie risultanti. Chiamo Mills e mi parla subito della sua perplessità causa il rifiuto totale del pm Fabio De Pasquale durante la sua testimonianza di metterlo a confronto con l'accusa nei suoi confronti. Mi dice: «Nel rito penale anglosassone vi è una regola stretta da centinaia di anni, e cioè che è l'obbligo dell'avvocato di una parte di contestare al testimone della controparte non solo gli elementi che contrastano con la versione dei fatti promossi dal suo cliente ma anche… la versione dei fatti, se diversa, che il suo cliente dichiarerà quando egli viene a testimoniare». Da avvocato Mills, laureato dell'Università di Oxford, marito di Tessa Jowell, ex ministra preferita del cocco della sinistra inglese Tony Blair, rimane allibito dal sistema giudiziario italiano. In Inghilterra, scrive, l'accusa deve dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio la colpevolezza dell'imputato. In questo caso, ad esempio, deve dimostrare che i 600 mila dollari provenivano da Berlusconi stesso e per un motivo specifico, cioè per dare false testimonianze in due processi nel 1997 e 1998 a Berlusconi a suo favore. Peggio ancora, in Inghilterra la difesa non deve dimostrare l'innocenza dell'imputato. Anzi. In Italia sì invece. Per prima cosa chiedo di Attanasio che ha smentito di avergli pagato quei 600 mila dollari. Cito le parole a proposito dell'armatore napoletano interrogato dai pm il 22 dicembre 2005 e pubblicate sul Corriere della Sera il 19 febbraio 2006: «Faccio presente che intorno alla metà di luglio del 1997 sono stato arrestato con un'accusa di corruzione e sono rimasto detenuto per due mesi nel carcere di Salerno. Francamente, pensare di dare istruzioni a Mills dal carcere sarebbe stato, oltre che quasi impossibile, anche rischioso… Escludo nella maniera più categorica di aver dato ordine anche indirettamente  alla banca MeesPierson … di travasare 2 milioni di dollari a conto presso la banca CIM di Ginevra, banca che sento nominare in questo momento per la prima volta». Che cosa risponde? «Che avrà i suoi motivi ma lasciamo parlare i documenti. Nessuno contesta la provenienza di quei soldi neppure l'accusa! Attanasio era mio cliente ed era a Londra. Sapeva che lo volevano arrestare in Italia e poco prima di tornare a Napoli mi dava una procura e dei fogli in bianco da lui firmati». Ed è vero che Attanasio poi dice ai pm, sempre secondo il Corsera: «Ricordo di aver lasciato a Mills una procura e anche dei fogli in bianco… vorrei che si prendesse in considerazione lo status sociale di Mills a quei tempi: era un avvocato affermato... marito di una importante esponente politica». Fra gli allegati che mi ha girato Mills c'è, of course, la procura firmata da Attanasio, in data 4 luglio 1997, e poi le istruzioni scritte sempre da Attanasio in data 17 luglio 1997, in cui ordinava alla MeesPierson nelle Bahamas di trasferire i 2.050.000 di dollari dal suo conto a quello di Mills alla CIM di Ginevra. Attanasio, si vede, ha dribblato. Come mai, perché è un napoletano? «Very funny», risponde Mills, tesserato del Partito laburista, figlio di un agente segreto inglese e cognato di Dame Barbara Mills, la ex direttrice del Serious Fraud Office (un po' simile alla Guardia di finanza italiana). Un socialista al caviale doc. insomma. Ma con Attanasio adesso come vanno le cose? «Niente male. Eravamo molto amici. Se gli avessi rubato soldi o fatto qualcosa contro la sua volontà come mai non mi ha mai denunciato o licenziato?  Ho gestito i suoi affari offshore per altri tre anni, fino al 2000». L'accusa punta molto sulla “confessione” scritta da Mills il 2 febbraio 2004 in una lettera a un commercialista del fisco inglese che lo stava indagando per evasione fiscale riguardo fra l'altro a una somma di 600 mila dollari. In quella confessione, Mills diceva di aver ricevuto i 600 mila «alla fine del 1999» come «regalo» da Carlo Bernasconi, top manager della Fininvest, morto nel 2001, per «tenere fuori» il Cavaliere da «un mare di guai» fornendo delle testimonianze  a suo favore ma senza specificare dove e quando. «Non avevo mentito ma ho saputo evitare punti spinosi», scriveva in quella lettera. Ma il commercialista del fisco ha poi passato la lettera alla Serious Fraud Office (SFO) che l'ha trasmessa ai pm milanesi. Mills, durante il suo primo interrogatorio durato 10 ore davanti ai pm nel luglio 2004 ha ripetuto la confessione. Poi, alcuni mesi dopo, l'ha ritratta. Allora, come mai hai inventato quella storia? «Beh, non volevo assolutamente mettere Attanasio nei guai legali. Ne aveva già abbastanza. Ero preoccupato solo di problemi potenziali col fisco in quel momento. Bernasconi invece era già morto, pensavo, e non ho implicato Berlusconi di persona. Non pensavo certo che quella lettera privata sarebbe andata a finire nelle mani della SFO, men che meno sulla scrivania dei pm a Milano. In ogni caso la mia confessione non avrebbe mai potuto essere utilizzata come prova di nulla nei miei confronti o in quelli di Berlusconi in un tribunale inglese per un semplice motivo, perché è hearsay evidence, cioè, ciò che io dico che avrebbe detto e fatto un terzo, cioè, Bernasconi. Da noi, questo tipo di prova non è mai ammissibile nei confronti di un indagato o un imputato. Bisogna invece per forza chiedere la conferma o la smentita all'interessato stesso, in questo caso Bernasconi. Il fatto certo è che la “confessione” è priva di qualsiasi riscontro obiettivo: non vi è fra le migliaia di pagine agli atti un singolo documento – neanche una parola – che corrobori la confessione». Ok, ma il pm De Pasquale dice che tu hai confessato undici volte! «De Pasquale insiste: non c'entrano le prove, c'entrano solo le confessioni. Ma per la cronaca tutte quelle confessioni sono state fatte o al fisco inglese o a commercialisti inglesi, per tenere in piedi la favola del regalo da Bernasconi. Ma in ogni caso per quanto riguarda Berlusconi, lo nomino solo tre volte, una per dire che non avevo nessun motivo di credere che lui sapesse dei soldi, una seconda per dire la stessa cosa, e una terza a De Pasquale quando ho detto (e me ne pento) che Bernasconi mi aveva detto che Berlusconi aveva approvato quel regalo inesistente». Una curiosità. Come mai il fisco inglese si era interessato ai tuoi affari nel 2004? «Perché aveva notato un calo notevole in miei guadagni dichiarati per il 2001 e voleva sapere come campassi». Col fisco inglese, dopo la tua “confessione”, come sono andate le cose? «Bene: nell'estate del 2004 gli ho detto la vera fonte dei soldi, cioè Attanasio, e loro l'hanno accettata. Dopo di che ci siano messi d'accordo, senza problemi, di pagare le tasse dovute su qui soldi. E buona notte». Quindi, per il fisco inglese, se non la magistratura italiana, chi ha pagato i 600 mila dollari è Attanasio e non Berlusconi? «Esatto». Sei stato un bugiardo da Serie A però! Quindi perché dobbiamo credere che in realtà quei 600 mila dollari sono venuti non da Berlusconi ma da Attanasio? «Sì, vero, e sono anche stato uno stupido ma lasciamo stare quello che dico io. Facciamo parlare i documenti, documenti forniti non da me ma dalle banche e altri  coinvolti nei giri di denaro. Anche se vero, cioè, che i 600 mila venivano da Berlusconi l'accusa lo deve dimostrare con delle prove concrete e al di là di ogni ragionevole dubbio, no? Persino in Italia. «Persino in Italia». E ce l'ha fatta? «Non scherziamo...». Ma ho letto nel verbale del 18 gennaio 2012 depositato al Tribunale che secondo l'accusa quei 600 mila facevano parte della tranche di 2.050.000 dollari proveniente dal conto di Attanasio nelle Bahamas e destinata al tuo conto svizzero ma che in realtà erano di Berlusconi e tu in qualche modo li avevi inseriti dentro… «Ecco, la famosa “brocca” di De Pasquale. Allora, i 2 milioni facevano parte di una tranche ancora più grande di 10 milioni mandata dai legali marittimi di Attanasio a Londra al conto offshore dei suoi trustee alle Bahamas. Di quei 10 milioni ho girato i 2 a Ginevra secondo istruzioni scritte di Attanasio. Tutti, De Pasquale compreso, erano d'accordo: i 600 mila dollari derivavano da quei 2 milioni. Quindi, De Pasquale doveva dimostrare che io avevo adulterato quella somma con 600 mila berlusconiani e ha notato sui conti del gruppo armatore di Attanasio, firmati da me, che allo stesso tempo della trasferta dei 10 milioni da Londra alle Bahamas un prestito di 2.5 milioni è stato ripagato dallo stesso gruppo a una banca di Monte Carlo. Secondo De Pasquale è stato Berlusconi a fare quel prestito dentro il quale c'erano mischiati i miei 600 mila». Beh, tutto è possibile, no? «Sì, ma Attanasio aveva già detto nella sua testimonianza che il prestatore di quei 2.5 milioni al suo gruppo non è stata la banca di Monte Carlo ma lui stesso e che i soldi provenivano dal suo conto in quella banca! Come si capisce in ogni caso dai conti rilevanti depositati al tribunale.  La cosa incredibile è che per quanto mi risulta l'accusa, né al mio processo né in questo a Berlusconi, ha mai cercato di provare il coinvolgimento del Cavaliere in quel prestito di 2.5 milioni». Quindi? «Quindi non c'è stato nessun prestito da parte di terzi, figurarsi da Berlusconi, al gruppo di Attanasio. Quel prestito è stato fatto da Attanasio stesso al suo gruppo che l'ha poi ripagato con i 10 milioni girati alle Bahamas da Londra. De Pasquale non ha mai prodotto alcun documento o testimone per sostenere la sua ipotesi. Normalmente una simile chiara ammissione da parte di un pm che non ha in suo possesso nessuna prova per sostenere le accuse, renderebbe inevitabile l'assoluzione dell'imputato. Di fatto, in questo caso è la difesa che ha provato la sua versione della verità al di là di ogni ragionevole dubbio». Come dicono i detective americani “Follow the money». «Tutto lì». Altro? «Mi chiedo: ma si comportano abitualmente così i tribunali penali in Italia? Più strano di tutto è che secondo il pm e la Corte d'appello il pagamento corruttivo da Berlusconi a me risale al 1997 ma l'accordo fra Bernasconi e me per quel pagamento sarebbe del 1999». A Berlusconi invece cosa dici? «Voglio chiedere scusa al dott. Berlusconi e anche al dott. Attanasio per i problemi che gli ho causato, problemi causati almeno in parte dai miei errori di valutazione». di Nicholas Farrell

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