Manager e stipendi d'oro: nascondono doppio incarico
L'ultima beffa della Casta dei boiardi di stato: hanno pubblicato i loro redditi, ma non tutti. A fine mese si decide sui tagli
È una gara a cui i top manager dell'amministrazione pubblica si sarebbero sottratti volentieri. La comprensibile ritrosia a sventolare in Parlamento i redditi di direttori generali, comandanti generali e manager a 5 stelle, ha portato a Montecitorio un elenco (vieppiù incompleto e lacunoso) di una manciata di prime donne dell'amministrazione statale. Si scopre, così, che il capo della Polizia di Stato, Antonio Manganelli incassa annualmente un'assegno di 621.253,75 euro. Tanto, poco? Nella caccia ai risparmi e ai tagli si è passati dai ventilati interventi chirurgici per scovare gli sprechi alla caccia al redditone. Insomma, tutti quelli che sforano il tetto dei 294mila euro fissato dal decreto della presidenza del Consiglio che fissa il tetto massimo dei singoli emolumenti agganciando la retribuzione annuale a quella che spetta al primo presidente della Corte di Cassazione, pari a 293.658,95 euro. Stellette brillanti ma è un bluff - A scorrere l'elenco parziale e incompleto sembra che i signori delle forze dell'ordine non se la passino così male. Oltre a Manganelli troviamo nella pole position il Capo Dipartimento amministrazione penitenziaria, Franco Ionta (543.954,42 euro); il Comandante Generale dell'Arma dei Carabinieri, Leonardo Gallitelli (462.642,56 euro); il Direttore Generale del Corpo Forestale dello Stato, Cesare Patrone (362.422,13 euro); il Comandante Generale della Guardia di Finanza, Nino Di Paolo (oggi in pensione) 302.939,25 euro (trattamento corrisposto fino al 19 agosto 2011). In mezzo ci sono anche il presidente dell'Agcom Corrado Calabrò a quota 475.643,38 passando al Ragioniere Generale dello Stato, Mario Canzio, che ha una retribuzione di 562.331,86 euro e il capo Gabinetto del ministero dell'Economia Vincenzo Fortunato con 536.906,98 euro. Il secondo incarico non si dice - La lista dei manager è lunga ma un po' deviante. Lo ammette lo stesso ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha ieri spiegato ai giornalisti lasciando la commissione Affari Costituzionali e Lavoro della Camera, dove ha consegnato la lista dei redditi. Nell'elenco infatti «non ci sono i nomi di coloro che hanno uno stipendio più basso». E poi ha puntualizzato che il trattamento è riferito ad oggi e «mancano i cumuli» che si hanno con eventuali altri incarichi. È il caso, ad esempio, del presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, che nel 2009 ha dichiarato oltre 1,2 milioni di euro. Però per la presidenza dell'Istituto nazionale per la presidenza sociale si deve accontentare di 216.711,67. Circa 150mila euro in meno di Mauro Nori, direttore generale dell'Inps, che ha un assegno di 321.053 euro (e non a 377.214,86 come in un primo tempo comunicato). Insomma, al momento sembra che i militari se la passino meglio, però mancano i guadagni cumulati. E sembra che a questa svista il governo voglia porre rimedio. È già previsto dal Decreto del presidente del Consiglio dei ministri che chi ha più entrate informi l'amministrazione di appartenenza dell'esistenza di altri incarichi assunti. Resta adesso da vedere cosa deciderà il governo. Certo la difficoltà a estirpare le dichiarazioni dei redditi dei singoli dirigenti la dice lunga sui mal di pancia scatenati. Non ne fa mistero neppure il titolare di palazzo Vidoni che ha voluto iniziare a consegnare questi primi dati subito, dopo le richieste arrivate dal Parlamento: «Era meglio cominciare, in tre giorni non avrei potuto avere di più». Adesso le commissioni Affari costituzionali e Lavoro avranno tempo fino al prossimo 29 febbraio per formulare un parere sullo schema di decreto del governo. Insomma, il taglio è ancora lontano. di Antonio Castro