India, i nostri militari costretti ad arrendersi con le armi
I due marò restano in carcere in India: potranno appellarsi? Ed essere estradati? Come sono le galere di quel Paese?
Giorno dopo giorno la ricostruzione di quanto avvenuto ai nostri due marò si arricchisce di particolari. Ora si scopre che l'armatore indiano Fratelli D'Amato, in una telefonata di mercoledì scorso alle 19.15, ordinò alla Enrica Lexie: "Fate come dicono loro, tornate a Kochi". L'armatore è però caduto nella trappola della guardia costiera locale. L'equipaggio è tornato a Kochi, e tre giorni dopo lo scacco matto che ha dimostrato come la mossa di D'Amato fosse sbagliata: i nostri marò, Massimilano Latorre e Salvatore Girone, sono stati costretti a scendere dall'imbarcazione sotto la minaccia delle armi: erano in sedici, "armati e molto nervosi". I nostri due marò continuano ad attendere nelle carceri indiane e rischiano la pena di morte. Maurizio Stefanini risponde a sette domande sul destino dei nostri militari. 1) Quanto dovrebbe durare il processo? L'Italia è stata classificata dalla Banca Mondiale al 158simo posto al mondo per la durata dei processi, ma l'India è 182esima. L'unico precedente di italiani giudicati in India per omicidio riguarda il caso di Tommaso Bruno e Elisabetta Boncompagni, entrambi poi condannati all'ergastolo in capo cinque mesi. Altri due, Angelo Falcone e Simone Nobili, accusati di detenzione di droga, sono stati assolti in 2 anni e 9 mesi. 2) Esiste la possibilità di appellarsi contro una condanna? Sino a che grado? Quella di Kollam, presso cui stanno venendo giudicati i marò, è una delle 600 District Courts che in India giudicano gli omicidi in primo grado. L'eventuale appello sarebbe presso la Kerala High Court di Kochi, che è una delle 21 High Courts, e a cui in effetti i due marò si sono già rivolti invocando l'«eccezione di giurisdizione». Per pene oltre i 10 anni e condanna a morte un terzo grado sarebbe poi possibile presso la Supreme Court di New Delhi. Il presidente della repubblica può commutare la pena di morte e concedere grazie, sospensioni e commutazioni di pena. 3) In caso di ergastolo i marò possono essere estradati in Italia? Proprio in seguito al caso Falcone-Nobili, nel 2009 l'onorevole Elisabetta Zampartutti (Pd) chiese con un'interrogazione al ministero degli Affari esteri se non fosse stato il caso di «accelerare i tempi della conclusione con l'India di un Accordo bilaterale per il reimpatrio dei connazionali condannati, non essendo l'India parte della Convenzione di Strasburgo del 1983». Una «bozza di trattato Italia-India per il trasferimento dei detenuti condannati» fu redatta nel luglio del 2010. Ma rimase di fatto lettera morta. 4) Come sono le galere indiane? La madre di Tomaso Bruno testimonia che il figlio è «trattato bene», ma il cibo è solo vegetariano e nonostante le ripetute richieste dell'Ambasciata di fornirgli acqua minerale gli viene somministrata l'acqua del pozzo. Inoltre il carcere dove è detenuto è uno dei pochi in tutta l'India dove non è permesso ai detenuti di tenere Ipod o Ipad e non può effettuare telefonate. A Falcone e Nobile non fu concesso né il traduttore, né di telefonare all'ambasciata. Fu dato loro da mangiare solo lenticchie e riso, dormirono su una coperta per terra e lavandosi come tutti i detenuti con l'acqua di un secchio in cortile contrassero l'epatite virale. 5) Quanta gente viene condannata a morte in India ogni anno? Nel 1983 la Corte Suprema dell'India stabilì che la pena di morte deve essere applicata «nel più raro dei più rari dei casi». ma di recente ha chiarito che ciò va misurato «in termini non solo qualitativi ma quantitativi». Non ci sono statistiche ufficiali, ma secondo Amnesty International sarebbero state condannate a morte 33 persone nel 2001, 23 nel 2003, 77 nel 2005, 40 nel 2006 e un centinaio nel 2007. 6) Cosa può fare il nostro governo per impedire la condanna dei marò? Il ministro degli esteri Terzi parla di «azione molto costante e precisa su tutti i canali possibili»: «canali diplomatici, da governo a governo» ma anche «canali discreti, in altre direzioni, verso altre entità e Paesi». 7) Esistono tribunali internazionali cui affidare la controversia? Di fronte all'insistenza dell'Italia sul fatto che la vicenda è avvenuta in acque internazionali e che dunque l'India non ha competenza a giudicare, il caso potrebbe finire di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja, cui infatti l'Italia ha fatto ricorso anche sul caso Battisti contro il Brasile. Prima ancora, però, la questione potrebbe finire di fronte al Tribunale Internazionale del Diritto del Mare di Amburgo. a cura di Maurizio Stefanini