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Nel Pdl è emergenza: cala al 10% Perde voti soprattutto al nord

Sondaggi da brivido per gli Azzurri in vista delle amministrative. Ma Berlusconi insiste sul simbolo: "Andiamo alle urne con il nostro logo"

Andrea Tempestini
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Finirà come al solito. Finirà che decide il capo. E Silvio Berlusconi non sceglie affidandosi al caso, testa o croce. Ma leggendo i sondaggi. Se le performance del Pdl rimarranno basse da fare imbarazzo (oltre a causare sconfitte), si prediligerà la lista civica ammainando la bandiera del partito. Ricevendo a cena gli amministratori locali a Villa Gernetto, il Cavaliere però frena: «Il Pdl sarà presente ovunque», giura, «le liste civiche saranno solo di supporto. Si valuterà zona per zona». Agli invitati il leader fa sentire il nuovo inno (a cui ha lavorato la deputata Maria Rosaria Rossi), che manda in pensione “Menomale che Silvio c'è”: «...Noi siamo il Popolo della Libertà / gente che spera / che lotta e che crede nel sogno della libertà...». Eppure quelle tre lettere del logo - Pdl - non piacciono più a Berlusconi: «Non sono attraenti», spiega in privato. È stata una infatuazione passeggera, ha funzionato un paio di anni, ora ne ha abbastanza: vuole cambiare. Fosse per lui rifarebbe Forza Italia. Ma non si può. Allora i creativi del Cavaliere stanno lavornando a surrogati digeribili per gli ex An: “Forza Italiani” o “Viva l'Italia”. Insomma, quello è.          La prima preoccupazione del leader, in ogni caso, è che le candidature a sindaco siano decenti, magari pescate fuori dal recinto della politica. Certo, poi c'è da vedere come si comporta la Lega al Nord: alleanza, sì o no? Nel contempo rimane aperta l'ipotesi di apparentamenti, specie al Sud, con l'Udc. Sono quattro le città che preoccupano: Palermo, Genova, Lecce e Verona. Nel settentrione i berluscones rischiano di rimanere isolati, senza il Carroccio. Eppure, nella città scaligera, il Pdl potrebbe anche infilarsi nella contesa interna ai padani sostenendo la lista del sindaco Tosi. E facendo un dispetto al Senatur.   Il piano anti-Silvio dei centristi: Monti premier dopo il 2013 Leggi l'approfondimento Al Sud, sulle intese con l'Udc, pesa il veto di Fli e dell'Mpa. Palermo, dove Angelino Alfano gioca in casa, è un vero sudoku. Il terzo polo ha già un nome, Massimo Costa. Sicché gli azzurri stanno provando a convincere il suo mentore, Francesco Cascio, a scendere in pista, in modo da far ritirare l'altro. Ci riusciranno? A Lecce, infine, la si potrebbe risolvere puntando sulla ricandidatura dell'ex sindaco Adriana Poli Bortone.    Berlusconi è intimamente preoccupato dai sondaggi. C'è un dato dell'astensione altissimo, intorno al 50 per cento. E le urne vuote penalizzano il centrodestra: teorema sempre verificato. Però prova a tranquillizzare: «Il Pdl è al 23,6 per cento, in crescita a livello nazionale». Tuttavia, secondo l'agenzia Agi, ci sarebbero alcune Regioni, specie nel Nord, dove il movimento franerebbe addirittura sotto il 10 per cento (ma via dell'Umiltà smentisce). Un incubo. Così, per mettere le mani avanti, Silvio si è raccomanda con i suoi uomini: «Evitate di caricare di significato politico questa tornata elettorale, sono solo elezioni locali». La politica si fa a Roma. Dove, annuncia, «mercoledì, con Alfano, vedrò Monti». Sul premier «nessun dubbio, continuiamo a sostenerlo».   La classe dirigente pidiellina? Non aiuta Silvio a prendere una linea: è una Babele sull'ipotesi di presentarsi senza simbolo. Gli ex An tengono a candidarsi alle elezioni amministrative con il marchio ufficiale. Ma per i postmissini la centralità del partito è un valore assoluto, si sa. Eppoi temono che il forfait alle Comunali sia il preludio della fine del partito unico del centrodestra, già  azzoppato dalla scissione dei finiani. È perentorio Maurizio Gasparri: «Il Pdl non sparisce, alle Amministrative correremo con il suo simbolo, è un partito con più di un milione di iscritti». Caustico Altero Matteoli: «Solo una mente malata rinuncerebbe al simbolo con cui il partito ha ottenuto il 35-36 per cento dei voti». Allora chiamate la neuro, perché gli ex Forza Italia non sono affatto scandalizzati all'idea. Guido Crosetto, per esempio: «Non demonizziamo le liste civiche», perché «le Amministrative sono un tema difficile per tutti i partiti. Noi abbiamo sempre avuto risultati inferiori». Anche il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto prende in considerazione l'ipotesi: bisogna essere «pragmatici», dice. Franco Frattini sceglie l'ibrido: «Ci saranno sia le liste civiche sia il Pdl». Infiamma, intanto, la polemica sulle tessere false. Berlusconi è furioso: «Che figura di m... abbiamo fatto!». Ed ha spedito Denis Verdini a Modena per trovare i responsabili del tesseramento funebre. Fortuna, sospira il Cavaliere, che il meccanismo “una testa-un voto” «ha escluso i furbetti» permettendo il regolare svolgimento dei congressi provinciali «con grande successo di partecipazione». di Salvatore Dama

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