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Pioggia d'oro per dirigenti pubblici: centinaia sopra 300 mila euro di stipendio

Entro venerdì a Montecitorio l'elenco degli stipendi dei manager di Stato. Il governo li vuole tagliare entro il mese di maggio

Matteo Legnani
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Il governo sta studiando una norma che obblighi i manager a pubblici rendere nota la loro situazione patrimoniale e reddituale. Intanto, però, la Camera attende la documentazione sugli almeno settecento manager pubblici che percepiscono stipendi altissimi: in qualche caso superano addirittura il milione di euro l'anno. Ce n'è per tutti: il presidente dell'Inps, Antonio Mastrapasqua, che percepisce 1,2 milioni di euro l'anno, il Ragioniere dello Stato, Mario Canzio, 516 mila euro, i presidenti delle Authority Agcom e Antitrust che ne incassano 475mila, mentre il presidente e il direttore della Consob si fermano appena sotto quota 400mila.  L'elenco aggiornato delle retribuzioni era stato richiesto dalle commissioni Affari Costituzionali  e Lavoro di Montecitorio, le stesse che saranno chiamate ad esprimersi sull'ipotesi di nuovi tagli. Il ministro della Funzione Pubblica, Filippo Patroni Griffi  ha diramato una circolare a tutte le amministrazioni: entro il 23 febbraio dovranno comunicare al ministero informazioni precise circa i trattamenti economici corrisposti a dipendenti e collaboratori che «superano il limite del trattamento spettante al primo Presidente della Corte di cassazione, pari ad euro 304.951,95 per l'anno 2011». Le cifre serviranno a studiare un intervento legislativo. «Dopo il tetto agli stipendi dei dipendenti pubblici, il governo varerà entro maggio un decreto per regolamentare le retribuzioni dei manager delle società partecipate dallo Stato», ha annunciato Patroni Griffi. Una norma condivisa nel principio dal premier Mario Monti, che, però, ieri mattina, in visita alla Borsa di Milano, ha espresso qualche dubbio sui suoi effetti: «Nei prossimi tempi faremo fatica a trovare delle professionalità di alto livello per alcune funzioni della pubblica amministrazione», ha detto. Il tetto alle retribuzioni, ha sottolineato, è comunque «doveroso», e di «305 mila euro per i vertici della Pa». Sia il premier che il ministro della Funzione Pubblica, però, avrebbero sbagliato la cifra. Che, in realtà, è leggermente inferiore. Così, almeno, aveva comunicato giovedì alla commissione Bilancio di Montecitorio il sottosegretario all'Economia Gianfranco Polillo, che si era informato presso il ministero della Giustizia. «Il tetto agli stipendi dei manager della pubblica amministrazione non è di 305 mila euro, ma di  294 mila euro». A tanto ammonta, infatti, la retribuzione del primo presidente della Corte di Cassazione, “metro” sul quale vengono calcolati tutte le retribuzioni pubbliche. C'è chi, soprattutto nel Pdl e nell'Udc, dubita della bontà della norma. Giuliano Cazzola, deputato Pdl, esperto di previdenza ed ex sindacalista Cgil, lancia l'allarme: l'intervento sui manager potrebbe far presagire un «complessivo ridimensionamento degli stipendi di tutti i lavoratori pubblici fino a comprendere anche i livelli più bassi». Pierluigi Mantini, Udc, nota che «il provvedimento è di immediata applicazione, con efficacia retroattiva» e, «sotto il profilo politico fa intendere chiaramente che l'Italia si trova nelle medesime condizioni della Grecia». Lì il governo è dovuto ricorrere a tagli degli stipendi a tutti i dipendenti pubblici e a migliaia di licenziamenti. A chi solleva il problema giuridico dell'indipendenza delle Authority che sarebbe minacciata dai tagli del governo, risponde il pidiellino Pietro Laffranco: «I sacrifici sono condivisibili se a farli sono tutti, anche gli alti burocrati pubblici. Non è  pensabile rinunciare alle Olimpiadi di Roma e poi consentire il pagamento di stipendi da nababbi. Nessuna eccezione, dunque, a meno che il Governo non voglia mettere in discussione la sua tenuta dei numeri in Parlamento», dice minaccioso. di Paolo Emilio Russo

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