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Giovane suicida a San Vittore "Detenuti lo picchiavano"

Milano, il 21enne Alessandro Gallelli si è impiccato in carcere. Accusato di violenze su minori, aveva chiesto la scarcerazione

Giulio Bucchi
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Un detenuto di 21 anni, Alessandro Gallelli, si è impiccato nel carcere milanese di San Vittore: "Aveva più volte denunciato di aver subito violenze", accusa l'Osservatorio permanente sulle morti in carcere. Il giovane era accusato di violenza sessuale e molestie ai danni di ragazze minorenni. Da quattro mesi era in carcere in attesa di giudizio. "Sono sconcertato per quanto di terribile è successo - ha detto l'avvocato Giuseppe Lauria -. I genitori mi avevano affidato l'incarico di difenderlo ed io, fin da subito, avevo presentato istanza di scarcerazione con richiesta di arresti domiciliari, ma era stata respinta. Dopo l'emissione di rigetto, datata metà gennaio, il padre mi aveva revocato il mandato di conferimento, ma questa vicenda mi era rimasta a cuore. Non vi erano, a mio parere, gravi indizi di colpevolezza e Alessandro era incensurato". Il giovane si sarebbe ucciso subito dopo una seduta psichiatrica. "Mi chiedo come possano avvenire queste cose - aggiunge il legale - e, qualora fosse vero, è inaccettabile che venisse picchiato da altri detenuti. Alessandro sarebbe dovuto essere controllato a vista". Dal carcere garantiscono che il giovane era in isolamento e che quindi non poteva essere vittima di pestaggi o percosse. "Quel che è certo - ha concluso l'avvocato - è che Alessandro è una delle tante vittima di questo malcostume giudiziario di italica abitudine: si ricorre alla carcerazione in maniera del tutto indiscriminata". La polemica - Da inizio anno, sottolinea l'Osservatorio, "sono 10 i detenuti che si sono tolti la vita e 24 il totale dei decessi avvenuti nelle carceri (di cui 10 per cause ancora da accertare)". "Gallelli - spiega ancora l'Osservatorio - dalla sua cella gridava disperato la sua innocenza e raccontava ai genitori di presunte percosse subite da altri detenuti poco inclini ad accettare con loro carcerati accusati di reati che ritengono infamanti: il pestaggio è infatti un triste 'classico' del codice che vige in prigione nei confronti di chi è imputato di reati sessuali". "Abbiamo tutti il massimo rispetto umano e cristiano per il dolore dei familiari del detenuto - replica Donato Capece, segretario generale del sindacato autonomo di polizia penitenziaria (Sappe) -. Ma sono gravi le affermazioni dell'Osservatorio permanente sulle morti in carcere laddove sostiene che 'il pestaggio è un triste classico del codice che vige in prigione nei confronti di chi è imputato di reati sessuali'. Quali prove ha l'Osservatorio per formulare tali gravi considerazioni? Il carcere non è un luogo 'terra di nessuno', dove ognuno può fare ciò che vuole. E la Polizia penitenziaria garantisce ordine e sicurezza nonchè la tutela di tutti i detenuti, tanto più se imputati o colpevoli di reati a sfondo sessuale".  

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