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Monti boccia Sanremo: piano per cambiare la Rai

Il premier irritato dal Molleggiato-show: giù da 9 a 5 i membri del cda di viale Mazzini e due manager al posto del dg Lorenza Lei. Ecco chi sono

Matteo Legnani
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Il bubbone, dopo il monologo del Molleggiato all'Ariston è scoppiato: "La tv pubblica è nel caos - attacca il presidente del Consiglio Mario Monti - e la sua riforma non può più attendere". Il premier, irritato da quanto successo a Sanremo martedì sera e dalle conseguenze che ciò ha avuto sulle casse di viale Mazzini con 6-700mila euro di spot non andati in onda a causa dello sforamento dello showman, ha convocato per settimana prossima i leader dei tre partiti di maggioranza (Alfano, Bersani e Casini) per discutere i dettagli della riforma della tv pubblica. A rischiare è in primis il direttore genarale Lorenza Leia quale Secondo Dagospia, avrebbe addirittura chiamato il segretario di Stato Vaticano, cardinal Tarcisio Bertone, per sedare le polemiche e ricucire lo strappo. Ma Monti avrebbe già deciso: per il suo posto starebbe pensando a due candidati manager: Franco Bernabè (presidente di telecom e già conosciuto dal premier per la omune partecipazione agli incontri del gruppo Bilderberg) e Claudio Cappon, che ben conosce la Rai avendola già guidata due volte in qualità di direttore generale. "Celentano? La colpa è della Rai". Maurizio Belpietro su LiberoTv   "Festival specchio di un'Italia da operetta". Pietro Senaldi su LiberoTv I candidati - Ma il piano Monti non si ferma qui. In vista c'è un lavoro di cesello sulla legge Gasparri, il cui primo obiettivo sarebbe quello di allentyare la morsa dei partiti sull'azienda. L'idea sarebbe quella di ridurre da 9 a 5 i membri del cda di viale Mazzini. Una modifica semplice, ma che garantirebbe al governo di prendere in mano il timone della Rai. Monti potrebbe infatti disporre del voto del suo uomo in Consiglio di amministrazione (il rappresentante del ministero del Tesoro), del presidente e del direttore generale. Ai partiti resterebbero solo tre consiglieri: uno per Pdl-lega, uno per il centrosinistra e uno per il Terzo polo. Ovvio che la politica verrebbe privata di maggioranze certe nel cda.

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