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Il Cav si è dimesso da 3 mesi: libri anti-Silvio fuori tempo

Da Augias a Rodotà a Viroli: a dispetto della realtà, gli autori contro Berlusconi continuano a far soldi in libreria

Giulio Bucchi
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Poveretti, come soffrono! Così come fanno male i calli quando cambia il tempo, a qualcuno fa male il libro quando cambia il governo. Sono gli autori antiberlusconiani che hanno sbagliato i conti ed escono adesso con titoli fuori tempo massimo che sono già modernariato da bancone, rese sicure. In ordine alfabetico, e forse anche di prosopopea, eccoli: Corrado Augias, Franco Cordero, Stefano Rodotà e Maurizio Viroli. Il giurista Rodotà ce la stava per fare: pubblicando il suo Elogio del moralismo (Laterza) a fine 2011 poteva non dico centrare ma almeno punzecchiare il bersaglio, se il Cavaliere non avesse avuto tanta fretta di liberare Palazzo Chigi. Gli altri volumi in questione sono invece datati 2012, a testimonianza di riflessi autoriali ed editoriali tragicamente lenti. Con questo articolo candido ufficialmente al Premio Lumaca la casa editrice Laterza che oltre a Rodotà antiberlusconeggia a Berlusconi scaduto col filosofo Viroli (L'intransigente). Non è soltanto la figura barbina da parte di espertoni incapaci di prevedere la caduta di un presidente del Consiglio già barcollante da mesi, è anche il danno economico causato all'intera filiera del libro, già così duramente provata dalla crisi, da internet, dal destino cinico e baro. Dei succitati pezzi da novanta (o da quarantacinque) nell'ultima classifica del Corriere non ne vedo nessuno. Il che dovrebbe far riflettere. Al loro posto primeggia Tremonti e ha tutta l'aria di un contrappasso: non sarà che d'ora in poi a sfornare bestseller saranno i berlusconiani (per quanto eterodossi)? Io mi immedesimo nel povero libraio col magazzino stipato: adesso a chi la rifila L'opera da due soldi di Cordero, stampata così intempestivamente da Bollati Boringhieri? Il sottotitolo appiccicato poco prima di andare in macchina («Regnava Berlusconi») cerca di risolvere con un espediente il problema dell'anacronismo, ma non riesce a eliminare quel sentore di minestra riscaldata che allontanerebbe perfino un seguace di Santoro, addirittura un fan di Travaglio (per dire gli italiani che più rischiano di fare la patetica fine del giapponese nella giungla, ancora con l'elmetto indosso a guerra abbondantemente finita). Ma com'è possibile che pure Augias sia arrivato in ritardo come un intercity nella neve, lui che di tutti quanti è il più giornalista, il più attento alla notizia? Capisco Cordero che ha superato da parecchio gli ottant'anni, capisco Rodotà con la sua prosa da bradipo, capisco Viroli che insegna all'estero e quindi magari l'hanno avvisato tardi, ma dal conduttore di Rai 3 questa lentezza non me l'aspettavo. Fra l'altro Augias è uomo modernamente sbrigativo, usa il copia e incolla con la disinvoltura di uno studente universitario in difficoltà con la tesi. Nel 2009 proprio Libero lo pescò con le mani nel sacco. Per la precisione: nel libro di un biologo americano, Edward Wilson, saccheggiato senza citarlo. La notizia fu ripresa, ne nacque un piccolo caso, l'autore per sfuggire all'accusa di furto si dichiarò colpevole di disattenzione: si era semplicemente scordato le virgolette. E pensare che un simile facilone (chiamiamolo così) si atteggiava e ancora si atteggia a filologo, a esegeta biblico, a cercatore di peli nell'evangelico uovo... Forse oggi scrive più lentamente proprio perché memore di quella mala parata: per essere certo di ricordarsi le virgolette. Ai ritardatari è andata male due volte. La prima perché sono arrivati a sipario berlusconiano calato. La seconda perché  nelle loro pagine ci sono argomenti più efficacemente utilizzabili contro il Monti di oggi che contro il Berlusconi di ieri. Com'è ovvio si tratta di un effetto non voluto, che svela, casomai ce ne fosse ancora bisogno, l'assoluta malafede dei quattro. Viroli imbraccia il mouse contro il dominio straniero, a difesa della «fragile libertà italiana»: se fosse coerente un decimo di quanto è intransigente scaglierebbe il suo sdegno contro il premier attuale, primatista in scodinzolamento all'estero, teorico-pratico della cessione di sovranità nazionale. Il moralista Rodotà accusa il Cavaliere di avere indebolito gli anticorpi democratici: come se il golpetto di Napolitano, che ha partorito un governo emergenziale ed extra-elettorale, li avesse rafforzati. Cordero paragona Berlusconi addirittura a Mackie Messer, l'assassino protagonista di un'opera di Brecht: ma chi sta strangolando l'economia italiana è colui che ha imposto una pressione fiscale effettiva del 60%. Il sottotitolo di Augias è facilmente attualizzabile, basta cambiare genere all'ultima parola: «Perché agli italiani piace avere un padrone» diventa quindi «Perché agli italiani piace avere una padrona». Mi domando anch'io perché la maggioranza degli italiani (a dar retta ai sondaggi) abbia fiducia nell'uomo che ci ha consegnati ad Angela Merkel. Poveretti gli antiberlusconiani ritardatari, che non venderanno la metà della metà del previsto, ma ancor più poveretti noi. di Camillo Langone  

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