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Socci: Chiesa cerca la politica Ma non trova nessuno

Archiviati gli entusiasmi per Monti e il convegno di Todi, la Cei la linea sulla crisi a partiti incapaci di reagire

Lucia Esposito
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La Chiesa, saggia e illuminata, è più avanti di tutti in politica. Ha corretto e congelato i convegnisti di Todi e chiama i partiti a ritrovare un'identità e una dignità, li invita a capire che, in pochi mesi, si è capovolto il mondo e che occorre arginare lo strapotere della speculazione finanziaria sui popoli e sulla politica democratica.  Ma dal ring di quei pugili intronati, che oggi sono i partiti italiani, nessuno risponde. Tutti al tappeto, incapaci di elaborare un pensiero su quello che sta accadendo in Italia, in Europa e nel mondo. Sembrano ormai privi di una politica e perfino orfani di un'identità e di una «mission». Vediamo nel dettaglio quello che sta accadendo. Al convegno di Todi dello scorso settembre  si sono contrapposte due posizioni. Quella della relazione (bellissima) del cardinale Bagnasco, in continuità con il cammino della Chiesa italiana di Ruini e dei pontificati di Wojtyla e Ratzinger. E quella impersonata dagli ambiziosi Riccardi e Bonanni, patrocinata dal Corriere della sera che pretendeva una rottura col passato. Sui media è apparsa quasi soltanto questa seconda linea. Così il convegno di Todi è stato usato per «liquidare» a nome dei cattolici il precedente governo (in realtà già in disarmo da solo) e per fare da trampolino di lancio del governo Monti-Napolitano, anche aprendo la strada all'ingresso in politica del banchiere Corrado Passera (oltre che di Riccardi). L'interprete entusiasta di questa presunta «investitura cattolica» al nuovo assetto di potere è stato il quotidiano Avvenire che per tre mesi, ha celebrato il premier Monti, il suo governo e Napolitano con tonnellate di incenso. Nelle ultime settimane la correzione di rotta di Avvenire, autorevolmente «suggerita» dall'alto, si è fatta molto evidente per chi segue il giornale dei vescovi e sa interpretare il linguaggio del mondo curiale. Basti dire che due giorni fa, nella pagina delle lettere (quella usata dal giornale della Cei per mandare certi segnali), è uscita addirittura una lettera critica con Napolitano, cosa che sarebbe stata impensabile fino a qualche settimana fa. Oltretutto l'argomento è di quelli più scottanti, le foibe, e il titolo era inequivocabilmente polemico col Quirinale: «Infoibati dal comunismo non da “derive nazionalistiche”». La lettera iniziava così: «Caro direttore, come profugo istriano sono rimasto colpito dal messaggio del presidente Napolitano: gli eccidi e l'esodo sono stati causati dalle derive nazionalistiche europee. Ero bambino, all'epoca, ma me la sento di dichiarare che gli eccidi e l'esodo sono stati causati dalle ideologie: a finire nelle foibe è stata particolarmente la borghesia, vittima del comunismo più deteriore. A Pola, a Fiume, a Gorizia, a Zara, a Trieste vennero deportati dai comunisti titini anche membri del Comitato Nazionale di liberazione, colpevoli solo di avere altre ideologie; e i titini sono stati aiutati in questo da comunisti italiani, che credevano nel “paradiso” sovietico».Questa dura stoccata a Napolitano è il segnale di una correzione di rotta per il quotidiano dei vescovi che nei mesi scorsi sembrava quasi aver sostituito il Papa con il presidente della Repubblica. Ovviamente non si tratta solo di una lettera, seppur significativa. Sul giornale è evidente anche un certo raffreddamento del precedente, eccessivo entusiasmo per il governo. Nel frattempo – con una riunione alla sede della Cei, il 16 gennaio, e poi un'altra il 9 febbraio – i bollori politici dei promotori di Todi sono stati messi un po' nel congelatore. Pur essendo perlopiù caporali senza truppe, nell'autunno scorso avevano annunciato grandi iniziative: incontri in ogni città (a cominciare da Napoli con il duo Riccardi/Bonanni), un roboante «Manifesto per il bene comune» e addirittura una raccolta di firme per una nuova legge elettorale. Ma ora tutto è stato stoppato. Anche perché alcune associazioni avrebbero l'ambizione di fare un passo avanti nell'agone politico, ma in questo momento la cosa non è gradita nemmeno da chi – come il premier Monti – guida un esecutivo sostenuto da un precario equilibrio politico (a Palazzo Chigi non piace certo l'ingresso diretto di ministri in nuovi partiti o movimenti politici che potrebbero produrre una reazione destabilizzante nel Pd, nel Pdl e nell'Udc). Peraltro è anche difficile capire quali contenuti tipicamente cattolici possano proporre queste associazioni, visto il loro sostanziale appiattimento sul «governo dei tecnocrati». Emblematica è stata l'imbarazzante intervista televisiva del ministro Andrea Riccardi, da Fabio Fazio, sabato scorso. Davanti alla domanda sull'enorme spesa (15 miliardi di euro) per l'acquisto dei cacciabombardieri F35, nel momento in cui si fa economia su malati, vecchi e disabili, il ministro, cattolico e terzomondista, non è stato capace di dissociarsi e ha cambiato discorso. Ricordo invece che la Chiesa ha bocciato questa assurda spesa. Il vescovo di Pavia, monsignor Giudici, presidente di Pax Christi, ha puntato il dito contro questo spreco: «Nel panorama drammatico di questa crisi economica che esige sacrifici e tagli per il bene comune del Paese e per il futuro di tutti, anche le spese militari devono essere drasticamente tagliate».  Ha aggiunto: «È sempre più palese l'assurdità di produrre armi investendo enormi capitali mentre il grido dei poveri – interi popoli – ci raggiunge sempre più disperato». Ma Riccardi e i cattolici di Todi non si oppongono a questa politica. Al cardinale Bagnasco, presidente della Cei, non è piaciuto come è stata costruita e usata sui media «l'operazione Todi» e ha cercato di riportare le associazioni cattoliche sotto la guida dei vescovi, evitando i diversi protagonismi. Sulla politica italiana, pur mantenendo un realistico benestare a Monti (peraltro votato da tutti e senza alternative), Bagnasco ha discretamente ricollocato i cattolici (e Avvenire) su posizioni più autonome (anche disinnescando la mina dell'Ici con un sano «facciano loro»). Ma soprattutto il presidente della Cei, due settimane fa, ha tenuto un'importante prolusione all'assemblea della Cei affermando «quanto alla crisi economica» che «siamo entrati in una fase inedita della vicenda umana», che «l'idea stessa di progresso, in voga dal XVIII secolo, sta subendo un duro contraccolpo».Stiamo vivendo una svolta storica e drammatica. Il presidente della Cei è chiaro nel denunciare la finanziarizzazione dell'economia che si sta mangiando lo stesso mercato e lo stesso capitalismo, distruggendo le sovranità nazionali, il benessere di tanti popoli e minando pure il sistema democratico. Il quotidiano Avvenire ha rilanciato questa denuncia dei vescovi (e questo è stato il segnale di cambiamento più significativo). Certo, al governo delle tecnocrazie e dei banchieri non deve far piacere sentire la Chiesa su queste posizioni. Ma la Chiesa già con la “Rerum novarum” di Leone XIII, più di un secolo fa, preannunciò sia il fallimento del sistema comunista, sia quello basato sul profitto selvaggio, senza regole morali. Così oggi è l'unica che abbia le carte in regola per affermare come «Mater et Magistra»: ve l'avevamo detto. Il comunismo è fallito nel 1989, il capitalismo finanziario (basato sulla speculazione, anziché sulla produzione) nel 2008. Oggi siamo al caos scatenato dall'assenza di leadership politiche e di regole. Per questo Bagnasco ha proclamato che «la politica è assolutamente necessaria» e «deve mettersi in grado di regolare la finanza perché sia al servizio del bene generale e non della speculazione». Ma in Italia dov'è la politica? Dove sono i partiti che cercano di capire la nuova fase, che si ripensano, che elaborano nuove idee, nuove proposte politiche e propongono leadership all'altezza? La fase del governo Monti poteva essere preziosa almeno per rigenerarsi e ricostruirsi. Ma ancora una volta stanno perdendo la storica occasione. E i danni li paghiamo tutti noi. di Antonio Socci www.antoniosocci.com

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