Pdl, lotta per i congressi: tensione ex An Forza Itala
Dalla Lombardia alla Campania, nelle votazioni locali Pdl ed ex finiani mettono le mani sul partito. Alfano in difficoltà
C'era una volta il 70 a 30: gli ex di Forza Italia pesavano più del doppio dei colleghi di partito che provenivano da Alleanza nazionale. Oggi, però, le cose sono cambiate. «Le percentuali si sono praticamente rovesciate», confessa sconsolato un ex ministro azzurro, «siamo finiti minoranza nel nostro stesso partito». La stagione dei congressi del Pdl, l'«iniezione di democrazia» tanto voluta da Angelino Alfano, sta fiorendo. In questo fine settimana si stanno tenendo congressi provinciali importanti: Milano, innanzitutto, ma anche in Veneto e in Toscana. Altrove, come in Emilia Romagna, Trentino Alto Adige e Campania ancora non è tempo di voti, ma candidati e alleanze sono state decise. Il leit-motiv, ovunque, sembra essere l'avanzata degli ex An che, da Nord a Sud, usciranno da questo ciclo congressuale più forti, occupando molti posti di comando sul territorio. A Milano, per dire, i bookmakers danno come favorito per il ruolo di coordinatore provinciale Pdl Sandro Sisler, ex An e assessore a Carate Brianza, e soltanto come inseguitore Guido Podestà, presidente della Provincia e di derivazione forzaitaliota. «Sarà un momento di confronto vero», diceva ieri, fiducioso in una rimonta. Gli An sono prossimi alla conquista del coordinamento provinciale di un'altra grande città come Napoli. Il candidato, infatti, sarà uno tra gli aennini Amedeo Laboccetta e Antonio Taglialatela o Fabio Chiosi, presidente di una municipalità. In Campania gli ex An marciano anche verso Caserta e Salerno. In Toscana e in Emilia Romagna, dove l'ex minoranza sembra avvantaggiata quasi ovunque, sono scoppiate dure polemiche. Il congresso provinciale di Siena, che si sarebbe dovuto tenere in un piccolo Comune dal nome Bettolle, è stato rinviato «causa neve», ma, in realtà, perché la scelta della location sembrava avvantaggiare uno dei candidati, del luogo, ed ha causato molte proteste. «Anche nella mia provincia succede la stessa cosa: il congresso di Lucca si terrà nella mia città, Viareggio», ha attaccato l'ex azzurra e fedelissima del premier, Deborah Bergamini. «Quello che succede sono cose da matti. O il partito si apre veramente al cambiamento, o queste cose costituiranno la fine della politica nel nostro paese», ha aggiunto Bergamini. A Modena l'ex coordinatrice Isabella Bertolini, presentando il suo candidato, non ci ha girato attorno: «L'anima di Forza Italia deve trovare degna rappresentanza; gli altri due candidati provengono dalle fila di Alleanza nazionale». Soltanto oggi si scoprirà chi ha più voti. Nei giorni scorsi, però, Bertolini ha avanzato il sospetto che qualcuno degli “altri” avesse fatto ricorso a tessere false. In Veneto, dove il coordinatore regionale è già l'ex An Alberto Giorgetti, i sette congressi dovrebbero concludersi oggi con una leggera prevalenza degli ex azzurri. Ma gli ex forzisti sono stati certamente avvantaggiati dallo scontro, finito in Tribunale, su presunte tessere false che sarebbero state fatte ricopiando l'elenco dei cacciatori di Vicenza. Giancarlo Galan, ex ministro dei Beni Culturali, fedelissimo del Cavaliere, dice che la colpa è innanzitutto del metodo scelto. «Il tesseramento è un metodo fasullo, è viziato all'origine, la forma più sbagliata ed obsoleta di misurare ed esprimersi per un partito», spiega a Libero. «Sono le idee che contano, i principi, i progetti, gli ideali, non le tessere», aggiunge Galan. Il meccanismo delle tessere, peraltro, penalizza evidentemente chi discende dalla tradizione azzurra, arriva da un partito con una struttura “leggera”. Lo scontro nei congressi, tra le componenti del partito, si sovrappone a quello sull'orientamento da tenere nei confronti del governo di Mario Monti. Se gli ex An sono decisamente freddi, c'è chi, come l'ex ministro degli Esteri Franco Frattini, ex Fi, si professa «uno dei più convinti sostenitori di questo governo». Perché, come ha sottolineato ieri, «l'esecutivo va dove probabilmente saremmo dovuti andare noi. Azioni che erano nel programma del Pdl e che, purtroppo, per alcuni veti interni alla coalizione precedente, non sono stati realizzati». di Paolo Emilio Russo