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Ecco la secessione del credito Aziende trovano soldi all'estero

Dopo l'accordo degli industriali di Treviso con Deutsche Bank le imprese di Vicenza firmano una convenzione con Santander

Andrea Tempestini
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Dopo Treviso, Vicenza. La mancanza di finanziamenti alle piccole e medie imprese sta spingendo le associazioni confindustriali a cercare fortuna oltreconfine. Così se proprio in un'intervista rilasciata a Libero dal presidente di Unindustria Treviso, Andrea Vardanega, si è annunciato l'accordo con Deutsche Bank adesso è l'associazione industriale di Vicenza, oltre 2400 iscritti, che ha bussato alle porte del gruppo Santander, la prima banca spagnola, terza in Europa, con una capitalizzazione di 85 miliardi di euro. «L'acceso al credito sta diventando un problema molto critico - spiega a Libero il Vice Presidente, Luciano Vescovi che ha la delega alla finanza - per questo abbiamo allacciato un rapporto privilegiato con il colosso spagnolo e, in meno di una settimana, già dieci aziende hanno avuto accesso ai finanziamenti». Il numero due degli industriali di Vicenza sottolinea come sia molto aleatorio il rapporto con le banche italiane e come al contrario vada al sodo quello con Santander. «Offrono per il prestito a medio termine (3-5 anni) uno spread sui fidi tra il 2,75% e il 3% - aggiunge - gli istituti di credito italiani da noi contattati arrivano anche al 6%». Così il rapporto con gli spagnoli è diventato concreto. Ma siccome non si fa nulla per nulla, la contropartita alle aziende che accendono un prestito è quella di far gestire a Santander un portafoglio di titoli. «Così facendo - argomenta Vescovi - si aprono il mercato e possono mandare a gamba per aria quello italiano». Ma non è solo il Veneto in subbuglio. L'ondata di secessione dal credito italiano sta arrivando anche in Lombardia. Si parla con insistenza di Varese anche se le due associazioni industriali maggiormente indiziate sono Lecco e Como. I vertici di quest'ultima contattati dal nostro giornale hanno deciso di non intervenire ma ammettono «che un ragionamento sulla questione è stato avviato in via del tutto teorica ma mai approfondito né concretizzato». Infatti il troppo attivismo della base imprenditoriale fa paura a Confindustria che teme come la cosa possa infastidire l'Associazione bancaria italiana con la quale da sempre vi è un rapporto privilegiato. Il tema sarà tra l'altro oggetto dell'assemblea generale degli industriali di Padova lunedì 6 febbraio quando al Gran Teatro Geox sotto la scritta "Su la testa! Vincere la sfida del riscatto" andranno in scena proprio i due presidenti Emma Marcegaglia e Giuseppe Mussari. Una giornata che si preannuncia già infuocata se si considera un'indagine svolta nei giorni scorsi dagli industriali di Padova con la Fondazione Nord Est. Ebbene su un campione di 389 aziende  il 66,8% di queste non riesce ad incassare i crediti prima di sei mesi che diventano anche due anni  nel caso della pubblica amministrazione. L'emergenza sembra riguardare trasversalmente le aziende di tutti i settori e dimensioni, in particolare nei comparti edilizia, sanità e servizi e in genere in quelli che operano con il pubblico. Le tensioni sui pagamenti sono appena inferiori alla media per le imprese più grandi (oltre 50 addetti), interessate nel 59,9% dei casi. «La situazione è diventata estremamente seria e patologica - spiega il presidente di Confindustria Padova, Massimo Pavin - e va affrontata di petto. In associazione riceviamo segnalazioni di aziende con problemi di liquidità, che lamentano ritardi dei pagamenti, con casi-limite fino a 600-700 giorni. In alcuni casi questa sottrazione di risorse finanziarie mette a rischio la sopravvivenza stessa delle imprese. In molti altri, la mancanza della minima certezza sui tempi di incasso pregiudica ogni operatività e programmazione dell'azienda». Da qui il sostegno di Pavin all'appello delle associazioni imprenditoriali del Veneto al premier Monti e quello personale al ministro dello Sviluppo Economico, Corrado Passera. «Dia un segnale concreto e immediato. Le azioni pro-crescita devono recepire la Direttiva comunitaria che stabilisce il termine massimo di pagamento in 30 giorni per merci e servizi forniti alla PA e di 60 giorni per i pagamenti tra privati. È una questione di giustizia e civiltà del diritto. Come può lo stato chiedere sacrifici ai cittadini, se poi è il primo a non rispettare i patti?». di Giancarlo Salemi

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