Lega, sondaggio choc per Bossi: 7 padani su 10 non lo vogliono
La sostituzione del Senatùr è caldeggiata dai militanti lumbard e dai potenziali elettori. Il successore? Piace Maroni
Anche oggi, nei sondaggi dei maggiori istituti, la Lega Nord ottiene quote ragguardevoli, tra il 7% ed il 10%. Consideriamo pure come il dato venga rilevato su campioni in cui più di due terzi degli intervistati non si esprimono sul voto e che queste persone rappresentino elettori che in maggioranza tenderanno a ricollocarsi nelle aree di provenienza a campagna elettorale avviata; ci si può comunque aspettare dal Carroccio una prossima performance elettorale soddisfacente, almeno in linea con quelle dal 2008 in poi. È innegabile però che qualcosa di importante all'interno del partito di Bossi stia succedendo, ne stanno dando ampio risalto da qualche tempo tutti gli organi di informazione. Non c'è nulla da nascondere. Il leader e fondatore ha più di 70 anni, mostra nel fisico gli esiti dell'ictus del 2004 e, soprattutto, è una stella di prima grandezza legata ad un universo, quello della “Seconda Repubblica”, che, nella percezione di molti, sta per terminare. È normale, che anche nella Lega si pensi alla successione. Nessuno aveva però ancora misurato quantitativamente il fenomeno. Da un campione rappresentativo di elettori, sono stati estrapolati circa 200 elettori e simpatizzanti leghisti, equiripartiti. A loro è stato chiesto se Bossi dovrebbe lasciare o no. Il dato sembra indicare una chiara direzione. Per il 72% di chi si sente in “area Lega” Bossi dovrebbe lasciare la carica di Segretario Federale, cioè la conduzione politica del partito. Fra gli elettori del partito l'opinione è ancora più definita: tra su quattro. Il dato sui simpatizzanti, cioè su coloro che guardano al Carroccio come possibile partito su cui far trasmigrare il loro voto, dovrebbe essere sottovalutato. Essi provengono per più della metà dal Pdl, partito in crisi che nei sondaggi sta settimanalmente perdendo quote. Per costoro, però, che nel 70% dei casi auspicano un cambiamento nel possibile partito di approdo, trovare ancora Bossi al proprio posto come capo, potrebbe essere quel segnale di non-nuovo che ne impedirebbe l'entrata, con conseguenze sull'allargamento della base elettorale del partito. Per l'eventuale successione, anche gli elettori segmentano la Lega secondo quelle che sono le principali correnti. Vi sono i sostenitori di Maroni, 30% del partito e quelli di Zaia (26%); poi Calderoni con 17% e Tosi con 12%. Principalmente Maroniani e Veneti, con Tosi che potrebbe appoggiare gli uni o gli altri. Poi Calderoli, che per quanto sia il coordinatore del partito, non viene considerato così intimo di Bossi e rimane a rappresentare i Bergamaschi. Nessuno del “cerchio magico”. Per quanto riguarda i “potenziali” elettori, invece, le attenzioni si spostano maggiormente su chi ha avuto maggiore visibilità con ruoli pubblici di alto livello. Tutti ex ministri: Maroni (46%), Castelli (26%), Zaia (11%). Tra parentesi questo significa, come per l'area di riferimento, essi abbiano svolto bene il loro compito. È curioso quel che accade. Nel centrosinistra l'insoddisfazione di molti elettori trova sbocco in formazioni che possono considerarsi in qualche modo nuove, come il Sel e il Movimento 5 Stelle, stabilmente in crescita nei sondaggi. Sul fronte opposto, invece, non vi è questa possibilità, l'unico soggetto nuovo, il Fli, non è riuscito evidentemente ad accogliere questa funzione e continua a veleggiare al di sotto della soglia dello sbarramento elettorale. Rimane la Lega, che, unica a mettersi alla netta opposizione di Monti, pare aver recuperato la sua funzione vitale di lotta. Premiata quindi dagli elettori, anche se per la grande maggioranza di costoro, avrebbe bisogno di un forte rinnovamento. Un'opzione che i dirigenti del partito devono considerare, soprattutto in vista di presentarsi da soli alle prossime elezioni. di Arnaldo Ferrari Nasi