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Dall'Iran la minaccia atomica: "Avranno la bomba in 12 mesi"

Allarme lanciato da Leon Panetta, segretario alla Difesa. E Obama pensa alla superbomba contro Teheran: missile da 82 mln di dollari

Andrea Tempestini
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Gli iraniani potrebbero essere in grado di mettere a punto un ordigno nucleare entro 12 mesi. L'allarme arriva da Leon Panetta, segretario americano alla Difesa, in un'intervista a '60 Minutes' di CBS News: "È opinione generale che se decidessero di farlo, impiegherebbero probabilmente circa un anno per riuscire a produrre una bomba e poi forse uno o due per installarla su un vettore di qualche tipo". "Gli Stati Uniti - ed il presidente lo ha detto chiaramente - non vogliono che l'Iran sviluppi una bomba nucleare, ha affermato ancora Panetta. Per noi si tratta di un limite che non deve essere superato, e lo stesso è ovviamente per gli israeliani e quindi condividiamo un obiettivo comune. Gli Stati Uniti - ha infine chiarito - adotterebbero qualunque misura necessaria" per fermare l'Iran nel caso in cui ricevessero informazioni di intelligence secondo cui l'Iran starebbe procedendo in questa direzione. "Nessuna opzione è esclusa". Nemmeno quella di una 'superbomba' in grado di distruggere i bunker atomici di Teheran di cui vi diamo conto nell'articolo che segue. La settimana scorsa Obama, nel discorso sullo Stato dell'Unione, aveva detto che «tutte le opzioni sono sul tavolo» per impedire a Teheran di entrare nel club nucleare. Non sono parole vuote. Il Pentagono ha segretamente chiesto al Congresso, riporta il Wall Street Journal, 82 milioni per finanziare il programma di Super Bombe necessarie a distruggere l'arsenale di Ahmadinejad. I capi militari si sono convinti che le bombe anti-bunker di cui dispongono ora sono insufficiente a penetrare le fortificazioni che proteggono le operazioni di arricchimento dell'uranio e di allestimento dei vettori. Finora la Boeing ha prodotto per la Difesa una ventina di ordigni, al prezzo di 330 milioni, chiamati MOP, Massive Ordnance Penetrators. Pesano da 30mila libbre, circa 15 mila kili, ma il loro nomignolo «distruggi bunker» non corrisponde più al vero. Questi «penetrators», infatti, devono riuscire a sfondare la cortina di rocce, acciaio e cemento e a esplodere solo dopo aver raggiunto il vero obiettivo, la base atomica sottostante. Il ministro della Difesa Leon Panetta ha confermato al WSJ «che stiamo tentando di sviluppare» queste bombe più efficaci, anche se un portavoce del Pentagono ha poi precisato che simili armi «non intendono mandare segnali ad uno specifico Paese ma sono una dotazione che crediamo sia indispensabile nei nostri arsenali».   La realtà è che i militari Usa hanno rilevato qualche problema nel verificare il successo di queste bombe anti-bunker durante i primi test di funzionalità penetrativa. E la base iraniana a Fordow, sepolta  in una montagna circondata da una fitta batteria-antiaerea e iperfortificata, richiede un ordigno particolarmente potente. Quanto potente è difficile dire, perché la resistenza dipende anche dalla densità e dal tipo di rocce che fanno da protezione naturale, e questi dati non sono noti al 100%. I nuovi finanziamenti chiesti dal Pentagono, in un momento in cui  il presidente ha annunciato tagli al budget militare per quasi 500 miliardi di dollari, e l'ala di sinistra del suo stesso partito ha chiesto addirittura alla Casa Bianca di ridurre il budget di 900 miliardi, testimoniano della urgenza che il governo Usa dà all'Iran. Oltre alla preparazione a tempo di record della nuova superbomba, Panetta sta preparando una strategia articolata, anche con bombardamenti tradizionali alle bocche di entrata e di uscita delle basi. Danni seri all'accesso agli impianti, comunque, avrebbero l'effetto di fermare i lavori e di rallentare la costruzione della bomba. Che i venti di guerra su Teheran soffino più forte nelle ultime settimane è confermato dal New York magazine domenicale. Sotto la copertina «Israele contro Iran», si sostiene che per la prima volta ci sono le tre condizioni indispensabili per un attacco di Tel Aviv: la capacità militare tecnica di Israele di colpire e quella politica di sopportare le conseguenze; il supporto tacito degli Usa; l'esaurimento delle vie diplomatico-economiche per impedire a Teheran di farsi la bomba. di Glauco Maggi

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