Sposa marocchino per 8mila € all'insaputa di mamma e papà
Un clandestino convince una commessa di Verona per ottenere il permesso di soggiorno, la guardia di finanza scopre la truffa
Ottomila euro per sposare un marocchino e regolarizzarne la posizione nel nostro Paese. Il tutto all'insaputa dei genitori e, soprattutto, del fidanzato ufficiale. Era un accordo davvero vantaggioso quello siglato da una 29enne commessa veronese: peccato per lei che in tasca le siano finiti meno dei soldi promessi. E che la Guardia di finanza di Vicenza, impegnata in un'inchiesta su un traffico di droga, abbia scoperto il suo matrimonio fittizio mandando a rotoli la sua vera relazione. Tutto comincia quattro anni fa, ai tempi dell'operazione "Redemption", che nel giro di un biennio porta in carcere 45 persone accusate di spaccio di sostanze stupefacenti. Tra i denunciati a piede libero figura la commessa, impiegata in un negozio della provincia di Verona, che risulta far uso abituale di cocaina. Un "vizietto", questo, pericoloso per la salute quanto costoso: per cui quando un'amica le propone di convolare a nozze con un immigrato clandestino di 9 anni più grande di lei, in cambio di una somma di denaro equivalente a un bel numero di stipendi, la giovane accetta senza troppe esitazioni. Il "piano" viene studiato in tutti i dettagli; nel luglio del 2008 la "promessa sposa" si trasferisce dal suo comune originario, quello di Pressana, a Santa Margherita D'Adige. E il successivo 3 agosto pronuncia qui il fatidico sì, in municipio, alla presenza dei soli due testimoni, un connazionale dell'uomo e l'amica "mediatrice". La circostanza salta fuori durante una perquisizione delle Fiamme gialle in casa della donna: e il più sorpreso, naturalmente, è il suo partner, che con lei ha da tempo una relazione stabile e che in un colpo solo apprende del cambio di residenza e delle finte nozze. La diretta interessata, in compenso, non si scompone più di tanto e anzi passa al contrattacco: ammette le proprie responsabilità e racconta ai finanzieri di essere stata di fatto frodata dal "marito", di cui non conosce neppure il cognome, e che a momento di ricompensarla le avrebbe dato 2mila euro in meno del pattuito. Il resto è cronaca giudiziaria: nel novembre 2011, il Gip del Tribunale patavino emette sentenza con cui accoglie la richiesta di patteggiamento della giovane, in relazione al delitto di "favoreggiamento della permanenza illegale in Italia dello straniero". E la condanna a 5 mesi e 20 giorni di reclusione più 1.400 euro di multa.