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Sanzioni sui manifesti abusivi La Casta deve un miliardo

Dal 1996 i partiti non pagano le multe per i cartelloni elettorali: Pisapia ha fatto ricorso per 417 mila euro, Sel deve 269mila euro

Lucia Esposito
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Ad ogni elezione la solita storia: città tappezzate di manifesti politici abusivi. E i partiti pagano la multa? Ma quando mai: la casta dal '96 ad oggi, con mossa bipartisan, prova ad evitare le sanzioni a suon di condoni. È vero che adesso il governo Monti con un emendamento al Milleproroghe ha detto stop: niente sconti ai cartelloni fuorilegge. Finora, però, nessuno ha sborsato un euro. Né il centrosinistra, che si professa paladino della legalità e fa proclami in difesa del decoro urbano, né il centrodestra che, zitto, almeno evita di predicare bene e razzolare male. Unici a dare battaglia su questo fronte i Radicali, che in assenza di calcoli ufficiali, hanno fatto due conti nelle principali città per vedere quanto i Comuni perdono dal mancato introito sulle affissioni. Morale: circa 100 milioni di euro di sanzioni a ogni tornata elettorale nazionale. Ma la cifra sale ben di più se si considera che solo a Milano, per le Comunali 2011, i partiti avrebbero dovuto sborsare 6 milioni e 130mila euro di ammenda. «Siccome dal 1996 ci sono state 12 elezioni nazionali tra politiche europee e regionali», spiega il radicale Mario Staderini, «i partiti si sono condonati una cifra superiore al miliardo di euro (1,2), senza considerare le elezioni comunali che si tengono in date distinte». Nel capoluogo lombardo, tra gli sfidanti a Palazzo Marino la vera sorpresa è stata Manfredi Palmeri, lanciato da Fli e dal Terzo Polo. Non è diventato sindaco, ma vanta il record della multa più salata: 584mila euro per i cartelloni fuorilegge, contro i 417mila euro dell'attuale sindaco Pisapia (Sel) e i 70mila euro dell'uscente Letizia Moratti. Nell'elenco dei verbali comminati ai consiglieri comunali meneghini per i cartelloni abusivi, figurano tra gli altri  Roberto Biscardini del Psi (59mila euro di multe), Stefano Boeri del Pd con 78mila euro, Benedetta Borsani 179mila euro, Milly Moratti con 51mila, Roberto Caputo oltre 73mila, Magdi Allam 102mila euro, la finiana Barbara Ciabò (83mila) Marco Clemente 58mila euro, il pidiellino Giulio Gallera con 76mila, Sara Giudice 14mila, l'ex capogruppo Pd Pierfrancesco Majorino con 88mila euro. Multato anche l'attuale assessore Pierfrancesco Maran per 14mila euro, il Pdl Marco Osnato per 169mila, l'Udc Pasquale Salvatore 24mila, il Pdl Pietro Tatarella per circa 40mila, Pillitteri, il collega di partito Anton Luca Romano per 255mila. Pagano? Il sindaco Pisapia no: ha annunciato ricorso sostenendo che i manifesti fuorilegge non sono i suoi, ma quelli di alcune liste che lo hanno sostenuto. Ma oltre ai candidati ci sono i partiti che fanno i furbetti. Come Rifondazione comunista: 776mila euro di multa. Segue la Lega con 745mila, il Partito Italia Nuova con 493mila, il Pdl con 387mila, il Pd con 380mila, l'Italia dei Valori con 187mila, Sel con 269mila. Se ci spostiamo a Torino la situazione cambia poco. Nella lista delle irregolarità accertate dalla polizia municipale compaiono tutti: dal Pdl con 236 violazioni rilevate, ai Moderati con 163, al Pd con 77. Prc con 57, Sel con 31, Lega e Idv a pari (de)merito: 17. Contando anche i partiti minori, nota un'inchiesta dell'Espresso, si arriva a più di 700. E il costo della singola sanzione varia da 206,58 a 1549,37 euro. A Roma, dove i manifesti politici fanno parte del paesaggio, i casi fuorilegge sono così tanti (i partiti hanno debiti per 10 milioni di euro) che il Comune ormai dispera di potere fare cassa dalle multe. Il perché lo spiega Alessandro Marchetti, segretario generale del Sulpm (Sindacato unitario lavoratori polizia municipale): «Se non sono colti sul fatto basta che i partiti dichiarino “i manifesti stavano in sede, non sappiamo chi li ha messi” e la multa viene annullata». Se invece vengono colti sul fatto «scatta la multa e in teoria devono  pagare». Se non li salva il condono. Per Staderini, che ricorda come i Radicali non partecipino al far-west dei cartelloni elettorali, «a parte il danno economico per i Comuni, che pagano milioni per le spese di defissione senza neanche incassare un euro, è una questione di democrazia». di Brunella Bolloli

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