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Ma i prof salvano la laurea Cosa manca nel decreto

Dal valore legale dei titoli di studio alla banda larga:tutto quello che non c'è nel decreto varato dal consiglio dei ministri

Lucia Esposito
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Il piatto forte, l'abolizione o quantomeno il depotenziamento del valore legale del titolo di studio, non è arrivato. Servirà, ha spiegato Mario Monti, «una consultazione pubblica sul tema». Del resto, ha messo le mani avanti il premier dopo aver comunque detto che lui sarebbe stato favorevole, «del tema si dibatte dai tempi di Einaudi». In altre parole, possiamo tranquillamente aspettare altri 60 anni. Resta da capire quanto bisognerà attendere per gli altri provvedimenti salienti. Come ha spiegato l'ex ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, nella maggior parte dei casi si tratta di «norme di principio, che per recare effettivo sollievo alle imprese e ai cittadini necessitano di un'importante fase di attuazione in via regolamentare». Dopo la fase dell'enunciazione, serviranno leggi, decreti attuativi, atti ministeriali e chi più ne ha più ne metta. La partita, insomma, è tutta da giocare. Sull'agenda digitale, ad esempio, questione strategica, il decreto non fa altro che istituire l'ennesima cabina di regia. L'organismo avrà il compito, si presume da qui al 2020 in base alle scadenze europee, di coordinare i vari settori istituzionali coinvolti su una serie di punti che vanno dalla banda larga e ultra larga, alla messa in rete dei dati della Pubblica amministrazione, alla creazione di spazi virtuali sul web per il confronto con i cittadini. Anche le novità per le università in termini di informatizzazione di voti, valutazioni e risultati degli esami degli studenti non partiranno prima dell'anno accademico 2013-2014. Non c'è fretta per le semplificazioni per le imprese. Entro il 2012 il governo individuerà in modo tassativo le attività produttive sottoposte alla segnalazione certificata di inizio di attività (Scia), quelle per cui basta una semplice comunicazione e quelle del tutto libere. Stesso discorso per le norme in materia di comunicazione dei dati per via telematica tra le amministrazioni e il cambio di residenza in tempo reale. Si tratta di corollari ai principi generali introdotti con la riforma del Codice dell'amministrazione digitale (decreto legislativo 235/2010) che saranno operativi solo attraverso l'adozione della normativa secondaria di riferimento. Malgrado le incertezze sui tempi e sui numerosi dettagli operativi che dovranno essere messi nero su bianco, il governo ha già fatto i calcoli dei risparmi. «L'eliminazione della documentazione cartacea in materia di protezione dei dati personali, ferma restando tutta la normativa», ha spiegato Filippo Patroni Griffi, consente un risparmio «stimato di circa 320 milioni annui». Addirittura 1,3 miliardi sono invece i risparmi stimati per la possibilità da parte delle «amministrazioni di consultare rapidamente il fascicolo elettronico di ciascuna impresa ed effettuare i controlli necessari». Mentre la banca dati delle gare per gli appalti «porterà un risparmio di almeno 140 milioni all'anno». Vedremo. di Sandro Iacometti

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