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Prete "Sono in ritiro". Ma era sulla Concordia... Diceva del Cav: "Immorale". Leggi la lettera

Don Massimo Donghi pizzicato su Facebook: lo inchioda un post della nipote. Scriveva missive al vetriolo su Berlusconi

Andrea Tempestini
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"Vado in ritiro", aveva spiegato sul web. Invece il prete era sulla Costa Concordia affondata all'Isola del Giglio. Una storia tragicomica quella di don Massimo Donghi, che dice di chiudersi in preghiera eppure va su un gigante del mare tutto luci, comfort e divertimento. Una storia tragicomica resa ancor più grottesca dal fatto che il Don, nel 2010, si vide pubblicare una lettera da Famiglia Cristiana, una missiva nella quale si scagliava contro i "vizi" e "l'immoralità" del governo, ovvero di Silvio Berlusconi. Beccato su Facebook - Don Massimo, responsabile per la zona di Besana Brianza degli oratori, della catechesi e dell'Unione pastorale giovanile, è stato pizzicato sul web. L'incidente del Giglio, infatti, ha svelato che il sacerdote non si trovava in nessun ritiro: era a bordo della Concordia insieme ai familiari più intimi. Ad incastrarlo è stato un post della nipote su Facebook: la notte del naufragio la giovane si è salvata, e appena giunta a riva ha rassicurato i parenti (online), spiegando che era riuscita a raggiungere le scialuppe di salvataggio insieme alla nonna. E allo zio, appunto, don Max. I parrocchiani di Besana Brianza, per inciso, non hanno gradito: ora chiedono chiarimenti. La lettera anti-Cav - Qualche chiarimento, infine, potrebbe chiederlo anche Silvio Berlusconi, additato nella missiva che segue, pubblicata il 10 novembre del 2010, come la causa di tutti i mali italiani. Ma come, farsi fare la ramanzina da un prete che finge un ritiro spirituale e poi va in crociera? Ecco la lettera: Come cittadino, educatore e insegnante, e non da ultimo come “prete d'oratorio” che vive tutti i giorni a contatto con ragazzi, adolescenti e giovani, ancora una volta rimango davvero “sconcertato”. Mi lascia sempre più perplesso la mancanza di dignità, sobrietà di comportamento e di “stile” in chi ha “giustamente” il diritto di guidare e servire il nostro Paese, ma anche il dovere di farlo con profondo rispetto del ruolo istituzionale che occupa. Vivo, in questo periodo, due stati d'animo  contrastanti: da una parte, l'entusiasmo e la soddisfazione per la scelta dei nostri vescovi di puntare, per il prossimo decennio, sul tema dell'educazione (Educare alla vita buona del Vangelo); e dall'altra, una profonda insofferenza nel constatare, nei comportamenti di chi “democraticamente” ci governa e ci rappresenta, una costante doppiezza tra vita pubblica e vita privata, tra impegni istituzionali e vizi domestici, tra sorrisi pacifici e occulti complotti. Mi è difficile continuare a lasciar passare, a sdrammatizzare, a distogliere l'attenzione, a non “giudicare”. Credo che “educare alla vita buona del angelo” voglia anche dire farlo con libertà, rispetto e chiarezza. Ringrazio Famiglia Cristiana per questa “chiarezza”, che fa nel rispetto! di don Massimo Donghi da Famiglia cristiana del 10 novembre 2010

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