Cerca
Logo
Cerca
+

Flavio Tosi sfida Bossi e Lega: il rottamatore vuol far da solo

Il Senatùr dice no alla lista personale del sindaco di Verona. Che s'arrabbia e pensa alla rottura. Dopo Maroni, un altro fronte

Nicoletta Orlandi Posti
  • a
  • a
  • a

Proprio non ce lo vediamo tornarsene a fare il programmatore elettronico il Flavio Tosi, l'uomo del 61% dei suffragi, il pioniere dei maroniani, il sindaco veronese che intercetta in tutt'Italia più consensi trasversali della (con tutto il rispetto) vecchia Dc di Rumor. A poche ore dalla circolare federale che vieta a tutti candidati leghisti di presentare liste personali, il primo cittadino scaligero dichiara che se non gli sarà permesso di sventolare alle prossime amministrative la “Lista Tosi” - un patrimonio di voti che potenzialmente, da sola, arriva oggi al 40% dei consensi- «piuttosto torno a fare il programmatore, perchè governare la città vuol dire presentarsi con la Lega Nord e la lista Tosi...». La stessa scena si propose quattro anni fa quando la Lista Tosi ottenne il 15% e la Lega il 12%. E quando un Berlusconi milanese benvestito stava imponendo alla coalizione Alfredo Meocci; lì si ritrovò col Tosi scravattato dalla zolla che si sarebbe presentato da solo. E convincendosi, Silvio, che l'impuntatura non sarebbe stata cosa igienica per la coalizione, finì col benedire quella lista omonima che sapeva di folle plaudenti e orgoglio veneto e un po' narcisista. Il fatto è che Bossi, tanto per cambiare, ora ha un problema. Inutile girarci attorno: Tosi, Lega o non Lega, forte del suo consenso bulgaro, a Verona si presenterebbe lo stesso. E ciò, con Maroni quasi costretto a sostenerlo, provocherebbe un terremoto in casa Lega. E il laboratorio Verona potrebbe ancora una volta cambiare gli assetti del centrodestra. La miccia che accenderebbe la rivoluzione nazionale del Carroccio. In politica vince il consenso. E Tosi, in questo momento ha dalla sua il Pdl provinciale (dice il vice coordinatore provinciale Bertacco: «Vogliamo stare col sindaco. Sciogliere l'alleanza per noi è impensabile»), parte della stessa Lega e, all'occorrenza perfino il Terzo Polo. E al di fuori delle mura di Verona -dove Shakespeare scriveva che non esiste mondo- il sindaco viene sostenuto direttamente dalla presidente della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto e, svogliatamente, da Luca Zaia. Il quale, per inciso, se ne sta in attesa degli eventi; ma essendo stato egli stesso propugnatore di una Lista Zaia, tenderebbe a non appoggiare le bizzarre disposizioni federali in materia. Per non dire del vecchio leone Giancarlo Gentilini, 84 anni, da Treviso che, presentando egli stesso una “lista Gentilini”, inneggia a Tosi: «Se uno ha lavorato bene raccoglie consensi che non andrebbero a una lista politica...». E molti fanno notare che Tosi ha lavorato molto bene. E ha intessuto una tale rete di rapporti che pare sia bastata una sua telefonata al ministro Passera per sbloccare i finanziamenti della filovia, rimasti al Cipe quando -guarda caso- era sottosegretario all'Economia il  segretario veneto, veronese, del Pdl Alberto Giorgetti. Secondo molti il “caso Tosi” potrebbe provocare un poco salutare “effetto domino” nel Veneto leghista che ora è in ansiosa attesa dei congressi provinciali (sulla carta quasi tutti d'osservanza tosiana, eccetto Treviso) che si celebreranno, democraticamente e finalmente, in Veneto, Piemonte e Lombardia da qua a giugno. Molti dicono che vincendo i congressi i maroniani - i “barbari sognanti”- , il cerchio magico diventerà il cappio dell'opposizione interna. La domanda per i non addetti di cose venete è: perchè Tosi s'impunta così? In realtà, sulla carta, il sindaco è già “il delfino del delfino”, pronto al salto nella politica nazionale. Non è un mistero che Maroni non voglia minimamente uccidere il padre. Ma se il padre si suicidasse schiantandosi contro un muro veneto, bè, sarebbe un altro paio di maniche... di Francesco Specchia

Dai blog