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Un anno dopo la rivoluzione l'economia egiziana è ko

Domani l'anniversario delle prime proteste anti-Mubarak. Pil giù del 3%, disoccupazione al 12%. I proventi turismo giù del 30%

Matteo Legnani
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  Domani, mercoledì 25 gennaio, in tutto l'Egitto, sarà festa nazionale a un anno esatto dall'inizio delle manifestazioni di protesta che l'11 febbraio 2010 portarono alla destituzione del presidente Hosni Mubarak. La giunta militare, che ancora governa il paese, ha proclamato per l'occasione la fine dello "stato di emergenza" che si protraeva ininterrottamente nel paese da 30 anni. Pil a picco - Ma la vera emergenza, per l'Egitto del dopo-Mubarak, è quella economica. Il Pil è calato del 3%, gli investimenti esteri diretti sono   passati dagli 11 miliardi di dollari del 2007 a meno di due miliardi.  Secondo dati della Banca centrale, calano anche le riserve di valuta   straniera del Cairo: alla fine dello scorso anno erano di circa 18   miliardi rispetto ai 36 miliardi di inizio 2010. Per il Fondo monetario internazionale, l'economia egiziana è   cresciuta dell'1,2%, rispetto al 5,1% del 2010. Inoltre, secondo i   media governativi, il tasso di disoccupazione è dell'11,9%, il più   alto degli ultimi dieci anni. Turismo kaputt - A tutto questo si aggiungono le forti perdite per il   settore del turismo: 10,2 milioni di vacanzieri hanno visitato   l'Egitto nel 2011, il 32% in meno rispetto a quelli dell'anno   precedente. Stando al ministero del Turismo, i ricavi provenienti dal   settore sono calati del 30%, non arrivando a raggiungere neanche i   nove miliardi di dollari sui 12,5 del 2010. Ed è calata del 15%, lo   scorso anno, anche la spesa pro capite dei turisti stranieri nel   Paese. E secondo Raza Agha, economista della Royal Bank of Scotland   interpellato dal Financial Times, all'Egitto servono tra i dieci e i   12 miliardi di dollari per riportare l'economia alle condizioni in cui  era alla fine del 2010.  

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