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Il terribile sospetto: strage per far passerella al porto

Il naufragio della Costa Concordia all'isola del Giglio: una tragedia. Era sulla rotta proibita soltanto per un folle saluto alla costa?

Andrea Tempestini
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Naufragare e poi morire per esibire un ciao. Possibile?  La grande ammiraglia, la più imponente nave passeggeri dell'universo, la “regina dei mari”, poi basta uno scoglio e il mito del controllo e dell'indistruttibilità e del colosso tecnologico  cola letteralmente a picco. «Ci trovavamo sottocosta per fare navigazione turistica», così sostiene il comandante. E contestualmente dalla Costa Crociere smentiscono le illazioni sul fatto che il maestoso transatlantico, con le sue 112mila tonnellate e i 4.229 passeggeri, fosse fuori rotta. Che avesse deciso di avvicinarsi così pericolosamente alle rocce dell'isola del Giglio per salutare la gente che, dal porto, avrebbe certo ammirato cotanta magnificenza, e le luci riflesse, e il comignolo sbuffante. E la sirena avrebbe risuonato, provocando un moto d'invidia nel pubblico e d'orgoglio nei passeggeri da poco attovagliati per la prima cena a bordo, inizio d'una crociera chissà da quanto  sognata. D'altro canto c'è quel video rilanciato da tutti i siti d'informazione, con la stessa nave - la Concordia, per l'appunto - che sfila giusto davanti al porto del Giglio, era l'agosto scorso, la sirena che echegia e le riverenze dalla banchina e tutto il resto. In ogni caso, questo rappresenta il punto centrale che i magistrati dovranno chiarire. E qualche convinzione devono essersela già formata, se han deciso di arrestare proprio il comandante con l'accusa di omicidio colposo, disastro e naufragio. Peraltro, gli viene contestato anche l'abbandono della nave mentre ancora molti passeggeri erano da trarre in salvo: la peggior ignominia secondo il codice di chi va per mare. Il comandante in carcere / Guarda su LiberoTv tutti i video della tragedia D'altronde le perplessità sulla sua condotta erano subito filtrate. Intendiamoci, non si vuol qui anticipare conclusioni a cui solo gli investigatori potranno giungere, e dopo chissà quante analisi. Resta il fatto che, intervistato dall'emittente locale TmNews, un ufficiale dell'equipaggio ha  lanciato accuse pesanti: «È stato sicuramente un gravissimo errore umano -  afferma, riferendosi proprio al comandante -. La rotta era quella di sempre, ma quando si naviga sottocosta non si utilizza più il pilota automatico ma quello manuale. È quindi a discrezione del comandante scegliere la distanza di navigazione dalla costa, e questa volta ha osato troppo. A quel punto non c'è stato più nulla da fare». E se l'armatore, nel senso del rappresentante della Costa Crociere, rimarca come la nave navigasse da Civitavecchia a Savona «come fa 52 volte l'anno», implicitamente sottolineando che mai nulla era successo, i pescatori che quel tratto di mare solcano da millenni commentano adesso sull'imprudenza di attraversare il braccio di Tirreno fra il Giglio e l'Argentario con un'imbarcazione così enorme: «Avrebbero fatto meglio a lasciarsi l'isola a est, allargandosi in direzione della Francia verso il mare aperto». Senza contare che il sito Marine Traffic, in grado di tracciare le rotte delle navi, segnala come quella della Concordia puntasse decisamente proprio verso l'isola del Giglio. E ancora: mentre sempre il comandante  assicura che «quello scoglio non è segnato sulle carte nautiche», altri marinai garantiscono che invece sì, la maledetta roccia affiorante  è ben conosciuta, basta prestarci la dovuta attenzione, «le isolette attorno al Giglio, come Le Scole, sono tutte ben segnalate sulle mappe, chi va per mare questo lo sa e lo sappiamo bene noi dell'isola». Un sasso che lì si trova da chissà quanto tempo ha squarciato la chiglia del colosso come fosse di latta. E l'impressione, certo al di là di eventuali imprevisti  in grado di far precipitare una situazione che, con maggior fortuna, avrebbe potuto essere gestita senza drammi - imprevisti che magari per decine di volte non si sono verificati («...da lì ci passiamo 52 volte all'anno...») e poi una volta invece sì (ma queste sono le consuete recriminazioni del dopo) - l'impressione, dicevamo, è proprio questa: l'eccessiva fiducia nella propria perizia, il ritenersi ormai  padrone della situazione, dimenticando precauzioni che invece rappresentano parte integrante e anzi essenziale della perizia stessa, «...questa volta ha osato troppo...». E non è che adesso la si voglia menare più di tanto, ma è questa la grande, incorreggibile tentazione dell'uomo. Si chiama supponenza. Ed è quella che ti distrae, deviando lo sguardo verso orizzonti lontani e però a volte celando agli occhi - per citare Paz - la boa che segnala il continente sommerso, e le sue fosse, e le cime invisibili. Quelle nascoste proprio qui, sotto il pelo dell'acqua. di Andrea Scaglia

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