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Il tesoriere ora inguaia Bossi Lega Nord è una polveriera

E' rissa nel partito dopo lo scandalo dei soldi del Carroccio in Tanzania. Salvini: buttano in Africa i soldi che chiedono per le sezioni

Lucia Esposito
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La Lega litiga sui soldi. È successo alla segreteria politica di ieri, dove Roberto Maroni ha annunciato a Umberto Bossi di non voler fare il capogruppo a Montecitorio. La mossa dell'ex ministro dell'Interno serve per zittire le malignità sul suo conto, e che continuano a essere riportate al Senatur, secondo cui vorrebbe sostituire Marco Reguzzoni per gestire i quattrini del gruppo e investirli addirittura in un nuovo partito. Voci infondante e che Maroni smentisce seccamente. «Non me ne frega nulla dei soldi» ha sbottato di fronte agli altri colonnelli e al leader, radunati in via Bellerio. Per capire la tensione nel Carroccio bisogna tornare a domenica, quando un'accurata inchiesta de Il Secolo XIX ha dimostrato che quasi otto milioni di euro hanno lasciato i conti genovesi dei lumbard per essere investiti in Tanzania, Cipro e Norvegia. Regista dell'operazione è stato il tesoriere del movimento, Francesco Belsito, che s'è messo in moto tra il 23 e il 30 dicembre scorso. La fetta più grossa (4,5 milioni) è stata destinata in un fondo nel paese africano, mentre circa un milione a testa è finito in un fondo a Cipro e in corone norvegesi. A questi quattrini vanno aggiunti 700mila euro trasferiti ad altri conti del partito, 450mila euro emessi in assegni circolari e 50mila euro ritirati in contanti direttamente da Belsito. La notizia, confermata dal tesoriere e scritta da Giovanni Mari, ha fatto sobbalzare sulla sedia i leghisti. Anche perché alcuni dirigenti di primo piano, compresi Maroni e Roberto Calderoli, non ne sapevano nulla. Idem Roberto Castelli, che pure è uno degli amministratori del partito insieme a Belsito e al parlamentare Piergiorgio Stiffoni. Ieri pomeriggio l'ex Guardasigilli ha fatto presente la cosa a Bossi e allo stesso Belsito. In mattinata era stato Matteo Salvini ad alzare la voce: «Ci sono diverse sezioni che chiedono 100 euro ai militanti per pagare l'affitto a fine mese. La Padania, il nostro quotidiano, versa in difficoltà economiche che tutti conoscono. E poi leggiamo della Tanzania... Spero, per rispetto dei militanti, che ci sarà una spiegazione per ogni quattrino speso». Frasi che hanno fatto inferocire Belsito e - più in generale - i colonnelli del cerchio magico, ovvero i dirigenti vicini alla famiglia del Senatur. E di cui fa parte proprio il tesoriere. Fatto sta che nel pomeriggio, in via Bellerio, era convocata la segreteria politica. All'ordine del giorno, al primo punto, c'era la manifestazione del 22 gennaio a Milano e la scelta sull'arresto di Nicola Cosentino (i padani hanno poi deciso voteranno sì). Ma ovviamente i riflettori si sono accesi sui soldi. Belsito ha giurato che è tutto in regola, e che il fondo che ha sede in Tanzania prevede investimenti fuori dal paese africano.  Giustificazioni che non hanno convinto parecchi dei presenti. Tanto che Maroni ha chiesto espressamente di approvare il bilancio preventivo per il 2012 entro la fine di gennaio, così come disposto dai regolamenti interni. Obiettivo: scandagliare a fondo tutti i movimenti di denaro. A dare il via libera dovrà essere il consiglio federale, massimo organo decisionale della Lega. E che dovrà essere convocato da Bossi in persona. Il quale, a dire la verità, non è sembrato particolarmente scosso dagli investimenti del suo tesoriere. È a quel punto che Maroni ha preso parola, guardando Umberto negli occhi: «C'è chi mette in giro la voce che vorrei fondare un nuovo partito, e che vorrei fare il capogruppo per usarne i soldi. Io mi vanto di non avere nessuno scheletro nell'armadio. A questo punto ritiro la mia candidatura a capogruppo e mi tengo le mani libere». Bobo ha anche dettato parole di fuoco all'indirizzo del presidente dei senatori Federico Bricolo, spiegando che le malignità sul suo conto vengono fatte girare proprio da Palazzo Madama (ne scriviamo nel pezzo qui sotto). Singolare che, mentre i vertici leghisti discutevano dei milioni investiti all'estero, pochi metri più in là - nella redazione de la Padania - il cdr chiedeva lumi per capire il futuro del giornale. Prossimamente diminuirà la foliazione (diventando a 16 pagine anziché 20) e avrà anche un'edizione su internet. Il tutto per ridurre i costi, visti i problemi di bilancio. Peraltro, i nemici interni dell'ex responsabile del Viminale hanno insinuato che l'inchiesta de Il Secolo XIX sarebbe stata inspirata proprio da lui. Mentre il quotidiano on-line L'indipendenza, diretto dall'ex timoniere de la Padania Gianluca Marchi, dà un'interpretazione diversa. E scrive: «Visto che dietro l'operazione Tanzania si intravvedono le tracce di Aldo Brancher (uomo pdl da sempre di collegamento fra Berlusconi e Bossi) e di tal Stefano Bonnet, imprenditore veneto legato all'ex ministro dei 18 giorni, non è che alle loro spalle vi possa essere lo zampino del Cavaliere?». Il tutto - sostiene Marchi - per ricordare al Carroccio che la libertà di manovra ha un limite e che il legame con Berlusconi è indissolubile. Veleni e sospetti a cui s'aggiunge un altro dettaglio, scritto dalle agenzie, secondo cui Bossi avrebbe reagito così alle parole di Maroni: «Tanto il capogruppo non te l'avrei mai fatto fare...». di Matteo Pandini twitter @padanians

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