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Il papà di Straccia è convinto: Roberto non è morto suicida

I familiari del ragazzo scomparso a Pescara aspettano i risultati dell'autopsia sul cadavere ritrovato a Bari. La famiglia esclude il gesto estemo

Lucia Esposito
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Il rito straziante del riconoscimento, in un primo momento, non ha permesso al padre e alla sorella di Roberto Straccia di dire: «Sì, è lui». Perché quel corpo è rimasto in acqua 24 giorni e ha percorso almeno 150 miglia (che significano circa trecento chilometri), prima che l'ultima burrasca lo restituisse al cielo. Scaraventandolo all'alba contro la scogliera del mare di Bari. Mario e Lorena Straccia non hanno potuto confermare niente davanti a quel che è rimasto  di Roberto. Però ci sono le scarpe da ginnastica grige e i vestiti: la maglietta blu, la giacca impermeabile azzurra, i pantaloncini da corsa rossi con le bande bianche, identici a quelli che lui indossava quando il 14 dicembre è uscito di casa senza più tornare. Ci sono gli indumenti e soprattutto c'è una madre, in questo finale senza ritorno che cancella ogni speranza. Lei, la signora Rita Straccia ha raggiunto il marito e la figlia alle quattro del pomeriggio e non ha potuto credere che quello adagiato sul tavolo freddo dell'Istituto di Medicina legale, fosse ciò che restava suo figlio. Ma alla fine ha dovuto annuire. E lo ha fatto quando la polizia le ha mostrato le chiavi arrugginite trovate in fondo alla tasca di quella giacca azzurra, frantumata dal mare e dalle tempeste. Un agente ha anche tirato fuori  l'Ipod con le cuffiette ancora infilate: anch'essi sono di Roberto. Così come  le chiavi sono quelle della casa di famiglia di Moresco (provincia di Fermo), identiche a quelle della sorella Lorena. Come non bastasse, nel mazzo, ci sono anche quelle della cassaforte. Certo, soltanto il test scientifico del Dna potrà cancellare ogni residuo di dubbio. Ammesso che di dubbi sull'identità ce ne possano essere ancora. Quel che rimane, piuttosto, sono le domande sulla fine di questo ragazzo di 24 anni arrivato a Pescara per studiare all'università. Mario Vesprini e Secondo Vitali, gli amici con i quali divideva l'appartamento in città, lo hanno visto uscire alle 14 e 45 di quel 14 dicembre. A quell'ora  anche la telecamera affacciata sul mare di Pescara lo ha ripreso mentre correva lungo la scogliera. Com'è finito in acqua Roberto? I primi esami svolti dal medico legale di Bari, Gianfranco Divella, dicono che sul corpo non ci sono segni apparenti di violenza. Nessuno sembra avere torto un capello a Roberto. Ma per saperne di più bisognerà aspettare i risultati dell'autopsia. Di sicuro gli amici e i familiari dicono che i suoi 24 anni erano sfavillanti di voglia di vivere  e perciò respingono ogni ipotesi suicida. «Se Roberto è finito in mare», aggiunge papà Mario, «significa che qualcuno ce lo ha buttato e adesso bisogna individuarlo». In realtà il pubblico ministero di Bari, Baldo Pisani (di turno ieri) ha aperto un fascicolo per induzione al suicidio. Ma questa non è una tesi che prevale su qualche altra. Si tratta piuttosto di un tecnicismo, un atto necessario per consentire lo svolgimento oltre che dell'autopsia anche di ulteriori ed eventuali approfondimenti investigativi. La Procura di Pescara fino a ieri procedeva per il reato di sequestro di persona a carico di ignoti, ora l'ipotesi di reato non solo è cambiata ma si dovrà anche stabilire a chi spetta condurre le indagini. A parte il buio investigativo, si sa che Roberto il pomeriggio del 14 dicembre, dopo la  corsa aveva appuntamento con i coinquilini. Insieme dovevano andare a fare la spesa per la cena. Si sa anche che nel passato di questo studente all'apparenza sereno, c'è stato più di un episodio che alla luce di quanto accaduto non può non inquietare. Come quella volta, nel 2004, quando aveva  17 anni ed era  finito  in ospedale per un avvelenamento. Si  pensò ad un atto di autolesionismo. Pochi anni dopo c'era stata una brutta caduta, per via di un malore rimasto misterioso.  Niente di più, a parte le parole di chi lo conosceva e dei suoi familiari. Loro ne sono convinti: «Roberto voleva vivere. Non si è buttato in mare». di Cristiana Lodi

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