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Brooke Fraser: "Conta l'emozione, non la musica"

Intervista alla folk-star neozelandese: "La voce? Solo uno strumento. Ho prodotto da sola il mio album, ma di computer non capisco nulla"

Leonardo Filomeno
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Lei viene dalla Nuova Zelanda e si chiama Brooke Fraser. Capelli, bellezza, voce. Canzoni semplici, intense, dirette. "Una via di mezzo tra pop e folk", fa giustamente notare, quando le chiedi di dare una definizione alla sua musica. Che, tra l'altro, produce da sola. Una cosa non da tutti. Interessante, quindi, capire l'approccio che ha avuto. "Avevo un'idea precisa di come volevo presentare le canzoni, di come volevo vestirle, e spesso pure idee poco chiare su come raggiungere questo risultato. Diciamo che anche Flags, in questo senso, è un disco molto Anni 70, alla Joni Mitchell. Ci sono le canzoni, c'è un'ottima band che sa suonare... e il risultato finale è piacevole, spero. Per quel che riguarda la tecnologia, invece, sono una frana!".

Quindi ti sei affidata ad altri per questo lato della produzione?

"Sì. Tanti amici mi avevano consigliato di iniziare a lavorare a casa, con Pro Tools (un software di produzione molto diffuso, ndr), ho pure fatto una lezione con un tecnico. Ma per me è stato un incubo. Io il computer, per la musica, lo odio! Amo gli strumenti veri, batteria compresa. Mi piacciono gli strumenti anni '60, il loro suono, la loro storia. Tutto questo ha influenzato anche la produzione del disco. Non volevo un bassista che entrasse in studio per suonare la sua parte per poi andarsene subito. Abbiamo suonato tutte le canzoni insieme, seduti in circolo".

Flags è un disco assolutamente ottimista, positivo, anche se spesso il ritmo delle canzoni è lento.

"E' vero, molte delle canzoni sono lente, ma l'energia non ha niente a che fare con la velocità".

In questo tuo lavoro, i testi sembrano essere fondamentali, spesso più della musica.

"E' così. Spesso la voce la uso solo per raccontare una storia, o un'emozione. La tecnica conta poco".

Quando scrivi le tue canzoni, le scrivi una per volta, oppure pensi già a un album?

"Il processo compositivo è complesso, non riesco a scrivere una canzone per volta, scrivo inconsciamente già pensando ad un intero album. Flags ha arrangiamenti molto semplici con voce e accompagnamento, tutto qui".

La tua voce, spesso, è usata come uno strumento musicale. Si sente molto il lavoro di produzione che hai effettuato personalmente. Insomma, questo è un disco originale.

"Non è stato facile arrivare a questo risultato. Ci sono stati diversi momenti di frustrazione, ripagati da soddisfazioni ancora più grandi. Volevo che la mia musica fosse immediata per la gente, ma in un modo che fosse soddisfacente per me. Per quel che riguarda la mia voce, è vero, la uso come uno strumento per raggiungere certi risultati attraverso una tonalità, una tessitura. Non mi interessa affatto il virtuosismo fine a stesso".

Come è nato il singolo Something In The Water?

"Alla scrittura della canzone ha partecipato mio marito. Anche lui è musicista. Ero in una stanza e continuavo a ripetere una parte del brano senza riuscire ad andare avanti finché lui, stanco di sentirmi ferma allo stesso punto, mi ha gridato: 'Prima del ritornello devi fare cosi: 'tu tu tu...'. Ed ecco Something in the water".

La tua musica ha due livelli. C'è un lato superficiale, felice ed infantile, ma sotto, c'è molto di più. Anche Something in the water ha dei misteri: non dici mai cosa c'è nell'acqua...

"E' vero! E' un piccolo mistero. In generale, le canzoni pop che più mi piacciono, sembrano semplicissime, ma hanno svolte improvvise e nascondono un duro lavoro compositivo. L'atto dello scrivere mi piace moltissimo, mi coinvolge al 100%".

Sei una ragazza e sei la leader di una band di soli uomini. I tuoi musicisti si comportano bene?

"Devo dire che chi suona con me si comporta davvero bene. Niente parolacce e niente maleducazione. Se i miei musicisti fossero persone arroganti, sarebbe impossibile stare insieme".

Come li hai scelti?

"Erano tutti miei amici oppure amici di amici. Passiamo un sacco di tempo insieme quando siamo in tour. Presto inizieremo un giro di concerti negli Usa che durerà due mesi".

Non è facile vivere di musica, oggi. Sei già una star, ma sei lontano da casa per tanto tempo...

"Questa vita la devi amare. Devi avere passione. E' un periodo, questo, in cui certe cose possono succedere, ed è giusto provarci. Non sarà sempre così. Ho 27 anni e presto mi fermerò per mettere su famiglia, per avere dei bambini, ne sono certa. Ma per ora, finché ne ho l'energia, voglio continuare a portare in giro la mia musica".

Come e dove vorresti che fosse ascoltata la tua musica?

"Ovunque, sull'iPod, alla radio, in macchina. Mi piacerebbe davvero che la mia musica fosse una sorta di oasi, uno spazio dedicato alla spiritualità diverso dalla fretta con cui tutti quanti viviamo oggi. Spero che le persone trovino nelle mie canzoni un po' di positività, un po' di conforto. Non è un momento facile, per il mondo. Sia chiaro, non è che posso fare miracoli, ma la musica ha un potere incredibile. Se metti su una canzone allegra, ti senti allegro, se ne senti una triste, ti senti triste".

 

 


 

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