Paragone: Grasso e Boldrini, una coppia di comici
La sentenza del giornalista: "Più che politici sono comici. Nei momenti cruciali non si sono mai dimostrati all'altezza"
Mentre re Giorgio Napolitano orchestra la politica italiana dall'alto del Colle, nei palazzi delle Istituzioni va in scena la commedia del litigio. Una specie di asilo d'infanzia con la fascia tricolore. Colpa tua. No, colpa tua. Tutto mentre in parlamento onorevoli straccioni danno l'assalto alla diligenza. O almeno cercano di farlo perché alla fine anche alle porcatine c'è un limite. E prima le slot machine (con il tentativo schifoso di legare le mani a quei sindaci che sul territorio stanno combattendo il far west del gioco), poi le norme sui contratti d'affitto e poi ancora il salva Roma come cassaforte di ogni tentazione arraffa arraffa. Questo solo per aggiornare l'elenco alle ultime settimane. Insomma, mentre la gente deve pagare i conti salati che la politica non riesce a sistemare, c'è pure la beffa di una sceneggiata assurda che si consuma sotto gli occhi di un premier vanitoso e sotto tutela, rimproverato da Napolitano solo perché - come dicevamo - alle sconcezze ci dev'essere pur un limite. Un limite che resta comunque alto perché quanto stanno facendo passare finora non brilla certo per efficacia e opportunità: tasse che vanno e soprattutto vengono, svendite e regalie, telefonate per rassicurarsi delle condizioni degli amici eccetera eccetera. Perché? Perché tutto deve stare in equilibrio. In precario equilibrio, in nome delle larghe intese. Così è consentito al Capo dello Stato di scorrazzare nel campo di una Costituzione materiale sempre più a misura delle loro convenzienze. Sono consentite maggioranze bastarde. E sono consentite mille manovre finanziarie perché quella di cinque minuti prima non è mai sufficiente. In nome delle larghe intese il palazzo si sente intoccabile perché ognuno si sente protetto dallo scudo di Napolitano. Deve proprio accadere che i miasmi si diffondano con nauseanti effetti collaterali per intimare l'alt. E quelli che dovevano controllare dov'erano? Erano a mirarsi allo specchio, lo specchio della spocchia. Lo specchio delle larghe intese. Se a Napolitano vengono condonati ruoli e compiti di uno stato presidenziale o semi presidenziale, e se al premier viene permesso di navigare a vista con una maggioranza di egoisti e poltronari, va da sé che pure Grasso e la Boldrini pensano di saper guidare l'aula. Gente che fino a poco tempo fa era impegnata in altri fronti si trova a presiedere i rami del parlamento. Tutto bene fin quando ci sono da fare passerelle in Sudafrica, finché c'è da mettersi in bella mostra. Tutto bene anche quando si tratta di gestire un lavorio che di fatto saprebbe svolgere anche un ragazzino dato che nel novanta per cento delle sedute il parlamento fa da notaio di decisioni prese altrove. Quando però si aprono quei varchi dove i volponi possono infilarsi ecco che gli esordienti cadono in malo modo. Solo una stagione dove le etichette contano più della sostanza, anzi si sostituiscono ad essa, permette di affidare a due inesperti la presidenza dell'aula. Grasso e la Boldrini non sono capaci, recitano la parte del presidente con voce impostata ma non sanno nemmeno da che parte si cominci. Si atteggiano. Si vantano. Si vestono. Ma al momento dell'azione... patatrac. Quante risate si sono fatti i volponi del parlamento, quelli che conoscono il dritto e il rovescio delle cose romane. Infatti solo un vecchio frequentatore di quei palazzi (il vecchio Napolitano) poteva fermare le scorribande arraffa soldi. La colpa ovviamente non è loro ma di chi ha collocato costoro lì pensando non alla funzione ma al presepe. Inizialmente dovevano servire per ammorbidire il movimento 5 Stelle. Dovevano essere la foglia di fico sulle nudità della Casta. Dovevano servire insomma a tutt'altro che a gestire i lavori parlamentari. Ecco perché adesso volano gli stracci. Il pasticcio del salva Roma (dove ognuno ha pezzetti di colpa perché nei lavori parlamentari le sbarre si alzano in momenti diversi e in ambienti diversi) è la didascalia del salva Casta. Le larghe intese stanno franando nella sterilità dei risultati, vivono solo per artificio politico. Quell'artificio che infatti consente a tutti i protagonisti di indossare il costume dell'arte: Re Giorgio, Principe Letta, la Papessa Boldrini, il simpatico pasticcione Grasso. E poi l'inutile Alfano, l'economo Saccodanni con tutto il resto della tribù governativa. Tutta gente che governa a propria insaputa visto che il mazzo di carte è in altre mani. Mani che contano davvero e che proprio per questo hanno bisogno di improvvisatori. Poi si domandano perché le proteste di piazza catalizzano la rabbia della gente... di Gianluigi Paragone