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Pansa: la crisi adesso è da pazzi. Tanto non andremo al voto

Giampaolo Pansa

Pd, forzisti e grillini vogliono far cadere Letta. Ma sarebbe un autogol: la situazione economica peggiorerebbe e Napolitano riuscirebbe comunque a rifare un governo

Andrea Tempestini
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Che differenza esiste tra il Pdl ridiventato Forza Italia e il Partito democratico? Praticamente nessuna. Sono entrambi partiti della specie peggiore, quella che ragiona come un vecchio politicante sull'orlo del fallimento e pensa soltanto a salvare se stesso, senza preoccuparsi di quanto può accadere agli elettori che lo hanno mandato in Parlamento. E che forzisti e democratici ragionino nello stesso modo egoista ce lo dice l'atteggiamento di fronte a una possibile crisi del governo Letta-Alfano. Forza Italia, ossia Silvio Berlusconi, il suo unico proprietario e dittatore, questa crisi la vuole. L'ha spiegato ancora venerdì sera in una surreale conferenza stampa, qualche minuto dopo aver cancellato il Pdl e tutti gli incarichi relativi, a cominciare da quello del segretario Angelino Alfano. Ho osservato con attenzione il Cavaliere nella diretta televisiva. E ho provato pena per lui e anche un po' di paura per me come cittadino di questo nostro sfortunato Paese. Silvio mi è sembrato un disperato che si dibatte in una gabbia e vorrebbe uscirne, però non sa più come farlo e non trova a quale santo votarsi. Ha legato la sopravvivenza del governo alla propria sorte personale. Ha detto: se il Senato voterà la mia decadenza, farò la crisi. Ha parlato e parlato come un fiume in piena. Era ridotto a uno straccio. Si è persino sbagliato nel ricordare il giorno del prossimo consiglio nazionale di Forza Italia. È previsto per l'8 dicembre, guarda caso lo stesso giorno delle primarie del Pd. Ma lui ha indicato l'8 maggio. Ormai Berlusconi è il reduce di se stesso. Non ce la fa più a combattere come ha sempre fatto dal 1994 a oggi. La sua fine politica lo imprigiona. E può spingerlo a  commettere errori molto pesanti. Se fosse un signore qualunque, il giudizio su di lui sarebbe facile: amen, vada in pace con se stesso! Ma è uno dei padroni della politica italiana. Quando sbaglia, i suoi errori ricadono su milioni di persone, anche su quelle che non lo hanno votato. Avverrebbe così se riuscisse a uccidere il governo Letta-Alfano. Per questo va considerato un pericolo pubblico, molto rischioso per tutti.  L'altro pericolo pubblico è il Partito democratico. Il suo vertice continua a ripetere di non volere la crisi del governo. Ma anche il più stupido dei cronisti sa che dice una menzogna. Per cominciare, a sperare nella crisi è Matteo Renzi che si sente nel frullatore da troppo tempo e teme che la conquista della leadership democratica gli sfugga di mano e diventi un'Araba fenice. Più il governo Letta dura, meno appare suggestiva la mercanzia che Renzi mette in mostra nel suo giro d'Italia o nelle varie Leopolde che organizza a Firenze. Kermesse molto costose e ridicole, come è grottesca la trovata dei cento tavoli.   Il vertice attuale del Partito democratico è anche più confuso di lui. Il povero Guglielmo Epifani ha sempre di più l'aria tremebonda di un signore capitato per caso nella cabina di regia di un partito, lui che ha sempre fatto il leader sindacale al coperto di una marmorea Cgil. I compagni che lo circondano hanno via libera nel fargli commettere errori su errori.  L'ultimo è di aver imposto alla presidenza della Commissione Antimafia la Rosy Bindi. Una decisione assurda e pericolosa per le inevitabili reazioni del centrodestra. Ma a ben vedere non si tratta di un errore, bensì di una mossa calcolata per mandare a gambe all'aria il governo. Sfruttando la poltrona vuota di una struttura ancora più vuota e che dovrebbe essere abolita da tempo.  In realtà madama Bindi non è la capa dell'Antimafia, ma la capa dell'Antiletta. Odia le larghe intese, odia il buon Enrico, odia tutti, forse anche se stessa. Succede sempre con le zitelle inacidite che fanno politica da troppi anni. Per di più il Pd si è accorto che, con il passare del tempo, le probabilità di vincere le elezioni calano di giorno in giorno. Mentre salgono quelle dei Cinque stelle di Beppe Grillo. Eppure i democratici non sanno che pesci prendere. E questo è l'indicatore infallibile dei guai mortali di un partito. Grazie a Dio abbiamo ancora un presidente della Repubblica che non ha perso la capacità di comprendere quello che serve all'Italia. Confesso di essere sbalordito dalla campagna politica, e dunque anche della campagna di stampa, contro Giorgio Napolitano. C'è una pulsione al tempo stesso omicida e suicida in chi lo assale ogni giorno con indiscrezioni fasulle, le famose panzane, editoriali al vetriolo, interviste demenziali, richieste di dimissioni, minacce di metterlo sotto accusa, persino vignette volgari. Un Vajont di fango che vediamo soltanto in Italia. Persino François Hollande, il debole presidente francese, non è sottoposto a una tempesta così accanita e indecente. I tanti che assalgono Napolitano non hanno compreso che la sua età, 88 anni, è un fattore di forza e non di debolezza. In realtà, chi ha superato da un pezzo una barriera anagrafica così rischiosa, sa che non ha più nulla da perdere. Per il semplice fatto che non ha bisogno di conservare incarichi o conquistarne di nuovi. È un uomo libero, che nessuno può sottomettere o influenzare.  Tanti politicanti si lamentano che Napolitano abbia cambiato la natura della repubblica, da parlamentare in presidenziale. Ma sono lamentele da respingere con brutale schiettezza. Che cosa pretendete, politici italiani? Avete fallito, siete incapaci, confusi e corrotti. Re Giorgio si è accollato il vostro lavoro. Grazie a Dio, al Quirinale c'è lui e non un generale dei carabinieri, gli unici che potrebbero fare un colpo di Stato.  I crisaioli, si chiamino Berlusconi, Renzi, Grillo o Epifani, dovrebbero sapere che cosa accadrebbe se facessero cadere il governo Letta-Alfano. Per di più senza aver approvato una nuova legge elettorale. Non si illudano che Re Giorgio sciolga le Camere e decida le elezioni anticipate. Cercherà di rimettere in sella un altro esecutivo guidato dalla stessa coppia o da qualcuno che le somiglia. Per questo motivo, chi vuole la crisi è soltanto un pazzo.  Il matto di turno potrebbe osservare che, senza i voti degli eredi del Pdl, oggi con la maglietta di Forza Italia, nessun esecutivo avrebbe la maggioranza necessaria per governare. Ma si sbagliano. Tanto a Palazzo Madama che a Montecitorio esiste un grande partito invisibile. È quello formato dai parlamentari di prima nomina che nel febbraio di quest'anno hanno vinto un seggio in Parlamento. E non hanno nessuna intenzione di gettare nel guardaroba dei cani, dopo pochi mesi, un bottino tanto prezioso. Ai pazzi che vogliono la crisi, il Bestiario offre un suggerimento. Guardatevi intorno e osservate l'Italia che non è fortunata come voi. Dovete evitare che la depressione economica e sociale diventi senza rimedio. La stabilità politica e istituzionale è la prima condizione per riuscirci. State bene attenti a come vi muovete, cocchi di mamma. E rammentate che esiste sempre un nemico in agguato.  Questo avversario non ha un volto, né un nome. Sta annidato nei mercati finanziari internazionali. È una Spectre strapotente che un giorno potrebbe decidere di non comprare più i titoli di Stato italiani. Dunque, i partiti politici, tutti i partiti, devono sapere che sulla loro testa pende una grande mannaia affilata. Guai a loro, e a noi, se la faranno cadere. di Giampaolo Pansa

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