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Dopo Lerner scatta il linciaggio:la banda di Primo Levi uccide?Se ne parli sei un "traditore"

Gad Lerner

Continua il massacro dello storico Luzzatto, accusato di revisionismo per aver "infangato" la memoria dello scrittore. E "Repubblica" falsifica le parole

Andrea Tempestini
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di Francesco Borgonovo Gad Lerner ha suonato la carica, e subito la truppa dei gendarmi della memoria è partita all'assalto, complice Repubblica, per stroncare il libro di Sergio Luzzatto Partigia. Una storia della resistenza. Il volume fa luce su un episodio poco noto della vita di Primo Levi, avvenuto il 9 dicembre  1943 sul Col de Joux, sopra Saint-Vincent. La banda partigiana di cui lo scrittore faceva parte uccise a sangue freddo due ragazzi, accusati a quanto pare di cattivo comportamento e forse di un furto. Fulvio Ompezzo e Luciano Zabaldano furono mitragliati alle spalle.  La vicenda l'accenna lo stesso Levi  nel Sistema periodico; Luzzatto ha indagato ricavandone un documentato volume di 373 pagine, pubblicato da Mondadori poiché il contenuto poteva risultare fastidioso per Einaudi. Secondo i custodi dell'ortodossia resistenziale, lo storico si è reso colpevole di revisionismo, quindi - dopo un primo attacco di Lerner - ieri è stato massacrato sulle pagine del quotidiano di Ezio Mauro. L'articolo di Massimo Novelli, non fosse inquietante, sarebbe comico. Tanto per cominciare, fa balenare una «pista nera». Spiega infatti che nella formazione partigiana di Levi si erano infiltrati dei repubblichini e che  l'esecuzione dei due ragazzi «avvenne quando nella formazione si erano già insediati i fascisti». Cosa che suona un po' come una giustificazione. Anche se Levi non fa cenni a spie o infiltrati. Anzi, quando parla dei fatti usa sempre il plurale, è il primo a sentirsi chiamato in causa. Novelli prosegue con la consueta diminutio del lavoro di Luzzatto, spiegando che i fatti da lui raccontati erano già stati resi noti  dalla rivista Storia ribelle e da un libro di Frediano Sessi, «senza prestarsi peraltro a operazioni in odore di “revisionismo storico”». Già, perché a Repubblica hanno il naso sensibile, fiutano l'odore del revisionista a metri di distanza.  Quindi Novelli interpella i Grandi Custodi della vulgata resistenziale, giù il cappello. Inizia Marco Revelli, figlio del partigiano Nuto. Il quale «non esita a parlare di “uso scandalistico della storia”». Già, Revelli non esita. Però dovrebbe, visto che poi dice «non ho letto il libro». Ecco, questa sarebbe un'ottima ragione per tacere. Invece va avanti, affermando che «nell'operazione mediatica per presentare il libro di Luzzatto colpisce la sproporzione fra gli eventi, minimi, e il rilievo dato a questi. Mi sembra un'operazione dettata dal bisogno ossessivo di sensazionalismo». Prendiamo atto che per Revelli l'esecuzione a freddo di due ragazzi è un evento minimo. A essere «disumano», invece, è l'uso che si fa di Primo Levi, «un indagare in modo indiziario nelle pieghe della sua coscienza». Non è storia, dunque, bensì psicanalisi postuma.  Poi tocca a Frediano Sessi esprimere un parere. Secondo lui, nel Sistema periodico, Levi non riporta «alcun giudizio negativo sulla resistenza, esprime invece il dolore per la morte dei due ragazzi, probabilmente autori di furti, perché facevano parte della stessa comunità umana in cui era entrato lui». Veramente Levi sembra orripilato dal fatto che due giovani siano stati ammazzati, visto che scrive: «Ne eravamo usciti distrutti, destituiti, desiderosi che tutto finisse e di finire noi stessi». Ma che importa, qui bisogna dar contro ai revisionisti, a costo di falsificare il pensiero dello scrittore.   Ed ecco che arriva l'opinione di Giovanni De Luna, tenetevi forte: «Non accetto nel revisionismo questa continua enfasi sulla rottura della cosiddetta “vulgata resistenziale”», si costerna. «Sono argomenti privi di fondamento». Nemmeno lui dice di aver letto il libro di Luzzatto e comunque non lo commenta. Idem Ernesto Ferrero, che parla di «uso improprio di estrogeni storiografici» nello «sviluppo anche mediatico» della vicenda. Ma che vanno cianciando? Sensazionalismo, sviluppo mediatico? Repubblica ha dedicato due pagine al libro di Luzzatto: trattasi di revisionismo e gossip? Boh. Non bastasse il pezzo di Novelli, ecco giungere un contorto articolo di Guido Crainz che puzza di coda di paglia lontano un chilometro. Occhiello: «La storiografia ha affrontato da anni questi temi». Come a dire: basta parlare dei crimini della resistenza. Titolo: «Quelle polemiche fuori dal tempo contro la sinistra». Ma chi ha fatto polemiche? Forse Paolo Mieli nella sua garbatissima recensione sul Corriere? Ma dai. Allora quei fascisti di Libero? Già, però al momento di scrivere Crainz non poteva aver letto i nostri articoli, visto che il giornale non era ancora uscito. Eppure egli, nella sua indignazione preventiva, grida che «i ricorrenti lamenti sulle “rimozioni della storiografia” (della storiografia di sinistra, naturalmente) appaiono pateticamente fuori stagione».  Posto che Luzzatto riceve dai suoi amici ciò che ha seminato negli anni - quando insultava Giampaolo Pansa e i suoi bestseller - il trattamento che ora gli viene riservato dalla sua parte politica è vergognoso. Altro che rimozioni della storiografia. Qua ci sarebbero da rimuovere certi personaggi che, orbati dall'ideologia, guardano nello specchio e non distinguono uno storico da un trombone.

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