Pansa: appello a Napolitano, resti ancora al Quirinale
Crisi economica, sociale, politica: l'Italia non può rinunciare a una guida forte e autorevole. Ecco perché serve il secondo mandato per il presidente
di Giampaolo Pansa Signor presidente, venerdì pomeriggio l'ho ascoltata e vista in tivù. Stava leggendo la dichiarazione che affidava a Pier Luigi Bersani il compito di accertarsi se è in grado di formare il governo. Ancora una volta sono rimasto colpito dalla sua saggezza politica e dalla sua energia fisica e morale. E da cittadino mi sono posto la domanda che tanti altri italiani si saranno fatti: perché mai la nostra Repubblica dovrebbe privarsi di un capo dello Stato come Giorgio Napolitano? So bene che la Costituzione stabilisce che il mandato presidenziale dura un settennato. Nel suo caso, scadrà all'inizio di maggio e per il 15 aprile è fissata la prima seduta del Parlamento per tentare di eleggere il suo successore. Manca meno di un mese, ma sino a oggi non è stato individuato un candidato capace di raccogliere un consenso trasversale e molto ampio. Anzi tra i due blocchi si è già aperto un dibattito ringhioso sul solito problema: a quale area politica spetti indicare il nuovo presidente. Mi ricordo bene che cosa accadde nel 2006, poiché anch'io stavo a Montecitorio da cronista. Dopo tre votazioni senza esito, lei venne eletto al quarto scrutinio, la mattina del 10 maggio. Iniziò allora un settennato difficile, ma fortunato per il nostro Paese. Lei ha saputo pilotare la nave Italia in frangenti perigliosi e dentro burrasche terribili. Mostrando al tempo stesso lungimiranza politica, buon senso e carattere. Quando ripenso all'esplodere di più crisi insieme, diverse e tutte gravi, mi domando che sorte poteva toccarci se al Quirinale non ci fosse stato un presidente come lei. Le crisi emerse a partire dal 2009 non si sono affatto risolte. Qualcuna, come la crisi finanziaria, si è attenuata e i nostri conti pubblici stanno meglio di quanto non stessero allora. La mia opinione personale è che il merito sia del governo imposto da lei ai partiti nel novembre 2011: l'esecutivo tecnico guidato da Mario Monti. Ma il merito più grande è dei milioni di italiani che si sono caricati sulle spalle, e sui propri bilanci famigliari, il peso imprevisto, ma inevitabile, di una quantità di tasse mai pagate prima. Lei sa meglio di chiunque quale sia la condizione della nostra repubblica. La crisi economica e sociale sta ancora di fronte a noi, come un muro sempre più alto e sempre più difficile da superare. A queste adesso si è aggiunta una profonda crisi politica. Dal momento che il voto di febbraio non ha deciso un vincitore indiscutibile. Per di più abbiamo visto il successo di un nuovo partito gonfio di rancori, che si propone di rovesciare il sistema istituzionale disegnato tanti anni fa dall'Assemblea costituente. È a rischio la stessa esistenza della Costituzione che ha consentito all'Italia di svilupparsi al riparo di una democrazia capace di tutelare tutti. Ma oggi siamo alle prese con un'altra crisi che a me sembra ancora più grave. Nasce da uno stato d'animo collettivo che definisco così: l'Italia è un Paese che non sa più vivere in pace con se stesso. Troppi italiani si guardano in cagnesco. Si disprezzano l'un l'altro. Si odiano. Abbiamo smarrito la strada della concordia nazionale. E stiamo imboccando il sentiero avvelenato che può condurci alla rovina. I sintomi di un possibile disastro ci sono tutti. L'uso della parola violenta è diventato abituale per gran parte del ceto politico. La minaccia verbale ci arriva addosso da tutte le parti. E preferisco non ricordare quanto avviene nel web: una foresta percorsa da pensieri cattivi. Dove chi non la pensa come te è un nemico da distruggere. So bene che questi orrori non accadono soltanto in Italia. Ma l'Italia è la nostra patria, qui siamo cresciuti e qui siamo destinati a finire. Il nostro Paese è diventato una polveriera. Anche un evento casuale, non deciso da nessuno, può farla esplodere. La terribile verità è che stiamo diventando un accampamento pronto alla guerra civile: una malattia mentale che ci obbligherebbe a combattere contro noi stessi. Non credo di essere un pessimista impaurito. Ho pochi anni meno di lei, signor presidente, e come milioni di altri italiani ho vissuto stagioni orrende, prima fra tutte quella del terrorismo. Ho visto uccidere colleghi e amici, colpevoli soltanto di scrivere quanto ritenevano giusto. Ho visto ammazzare leader politici, magistrati, agenti di polizia, carabinieri, manager, docenti universitari, operai. Eppure ce l'abbiamo fatta a tenere insieme una repubblica che sembrava perduta. Oggi sono più spaventato di allora. E mi domando chi possa aiutarci a salvare il salvabile. Il nostro Paese ha bisogno di pace, di concordia, di tranquillità. Ha bisogno di una guida salda. Ha bisogno di un pacificatore. Di un leader che abbia la forza di guidarci verso una convivenza senza traumi. Di un'autorità capace di imporsi sulla rissa tra i partiti, per obbligarli a ritrovare un minimo di unità, la condizione primaria per impedire che una nazione vada in rovina. Insomma, caro presidente Napolitano, abbiamo l'assoluta necessità di un Santo Protettore. Lei è un laico, come me del resto. E forse sorriderà nel vedermi invocare questa figura. Però non sto pensando a qualche entità superiore. Penso a un italiano che a giugno compirà 88 anni, ma è ancora in grado di fare molto per il nostro Paese. Penso a lei, signor presidente. La Costituzione non vieta la rielezione del capo dello Stato. Dunque, perché mai dobbiamo andare in cerca di un nuovo presidente della Repubblica? Accetti l'ipotesi di restare al Quirinale ancora per qualche anno. Poi sarà lei a decidere il momento di ritornare a casa. Ascolti la preghiera di un italiano qualunque e senza potere come l'autore di questo Bestiario.