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Mughini: "L'ironia sul lato B è un autogol per Berlusconi"

Lo scherzo è lecito ma con le donne non si deve sbracare. Anche perché gli avversari non aspettano altro

Giulio Bucchi
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  di Giampiero Mughini Che in una campagna elettorale aspra e noiosissima come quella italiana un leader politico cerchi la battuta, magari l'allusione frizzante, insomma di far sorridere il pubblico ampio, tutto questo è sacrosanto. E del resto ciascun politico lo fa a modo suo, a seconda dello stile di cui è esperto, taluni esperti soltanto di un qualche stile lugubre.  E dunque è lecito cercare la battuta se, com'è accaduto un paio di giorni fa a Silvio Berlusconi, ti trovi innanzi una ragazza vestita di verde, piuttosto piacente, che ha l'aria di starci al gioco (in realtà non potrebbe fare altro data la sua posizione impari a confronto di quella dell'ex capo del governo)? Certo che la puoi cercare la battuta, solo che ci vuole una gran classe, molta eleganza nel trattare la particolarità del femminile, e dunque sapere camminare in mezzo ai cristalli. Ebbene in questa occasione Berlusconi di eleganza ne ha avuta poca, avvilente quel suo gesto a far voltare la ragazza a mostrare il suo lato B, e non perché il lato B di una donna non interessi molto ciascun uomo (nel mio personale caso, molto di più le gambe), ma perché quell'interesse lo devi mostrare con un lampo degli occhi, stavo per dire con un lampo dell'anima. Basta un sorriso, basta un silenzio un tantino obliquo. Se le dici nudo e crudo «si volti» non hai fatto una battuta, hai fatto un autogol in campagna elettorale. Detto altrimenti, hai sbracato. E tanto più che il numero dei cecchini appostati tutt'intorno a colpirti al cuore se sbagli, è più numeroso degli uomini delle Forze Speciali americane che una notte del maggio 2011 diedero l'assalto decisivo al rifugio di Osama bin Laden per come ce l'ha raccontato Kathryn Bigelow nel suo ultimo e bel film. E dunque la mia opinione è che il problema di Berlusconi non è che faccia le battute, è che le sbaglia fin troppo spesso. E ciascuno di noi che abbia fatto delle chiacchiere in pubblico, lo sa per esperienza personale quale effetto disastroso fanno sul pubblico le battute che sgarri. Prendiamo un caso anche recente, le poche parole dette da Berlusconi sul fascismo italiano e sul destino politico di Benito Mussolini. Solo che quelle parole - in sé e per sé niente affatto scandalose perché c'è ormai uno scaffale di libri grande così a spiegarci che una cosa è la «dittatura mussoliniana» sino al 1934 e fors'anche al 1936, e tutt'altra e orrida cosa è il tempo delle leggi razziali (1938) e dell'abbraccio totale con i nazi - erano pronunziate nel giorno della «memoria» del massacro degli ebrei europei, e dunque andavano calibrate e cesellate e soppesate in tutt'altro modo. Altrimenti è un autogol. Che a 76 anni Berlusconi abbia ancora lo spirito del goliarda milanese che era stato oltre mezzo secolo, a me non spiace affatto. Chi conosce la storia della goliardia italiana (ho vinto un premio di giornalismo con un articolo su quella storia) sa che è una storia esilarante di beffe e trovate, storia di cui è stato un gigante il futuro senatore socialista Lino Jannuzzi. Ebbene che c'entra con quella storia il copiare da Vittorio Sgarbi la battuta secondo cui Rosy Bindi è «più bella che intelligente»? Una battuta così è solo facile e volgare. Ma che ci voleva a dire invece una cosa così: «Non condivido una riga del pensiero politico della Bindi, ma ne rispetto la passione tanto che la trovo persino bella da come ne è accesa»? Una battuta così ha forse effetto meno plateale nei confronti del popolino, ma vale e dura cento volte di più. Lasciamo stare la foto di Berlusconi in mezzo ad altri leader europei che si fa fotografare mentre con le dita mette le corna a un qualche suo collega. Quella è goliardia che non fa male a nessuno, e comunque ciascuno è il goliarda che può. Completamente diversa la battuta, recitata e posata, in cui Berlusconi dava del «kapo di Auschwitz» a uno stupefatto europarlamentare tedesco con cui stava contendendo non ricordo più di che cosa. Battuta infausta, assieme spropositata e insignificante, e tanto più se pronunciata in un contesto europeo dove non sono in molti a guardarti con simpatia, perché non siamo né ad Arcore né a Milano 2. Autogol autogol autogol. Dipendono dal fatto che in linea generale Berlusconi è circondato da una corte di ammiratori e ammiratrici interessati - nel senso specifico del termine - che ridono a ogni suo sospiro o barzelletta? Temo di sì. Sto parlando di tutto non certo perché penso che al prossimo 24 febbraio voteremo chi contro e chi a favore delle barzellette di Berlusconi. Trovo ridicolo l'appello di quel gruppo di intellettuali famosi che chiedono di  votare innanzitutto e spasmodicamente contro Berlusconi. Si vota pro o contro cose più decisive, e comunque mai e poi mai Berlusconi vincerà al 24 febbraio. Sto parlando come uno che ha incontrato più volte Berlusconi 20 e passa anni fa. Era uno che ci stava alle battute su di lui e contro di lui. Mi telefonò una volta per ringraziarmi che in un set televisivo di Mediaset mi fossi opposto al leccapiedismo nei suoi confronti di un giornalista Mediaset, e avessi detto che a vincere nel 1991 un Oscar cinematografico per il miglior film straniero non era stato affatto Berlusconi (produttore del film), ma un regista cinematografico italiano che aveva nome Gabriele Salvatores. Fui contento di quella telefonata.   

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