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Giuliano Ferrara, l'elogio del morso di Suarez: "Ci vuole talento a essere così figli di puttana"

Andrea Tempestini
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Controcorrente. Come sempre. Acuto, sorprendente, lirico ed esplosivo. Come sempre. Giuliano Ferrara, sulla prima de Il Foglio, si spende in un accorato e mitologico elogio di "Hannibal" Suarez, il morsicatore folle dell'Uruguay che ha colpito - impunito - anche la spalla del nostro Giorgio Chiellini (nel suo passato altri due celebri "mozzichi", e uno gli costò una squalifica di dieci giornate). "Non lo conoscevo, non avevo mai seguito le sue gesta nel campionato inglese - spiega l'Elefantino -, ma appena l'ho visto mi sono detto: è il mio uomo, il mio tipo, ha un sorriso diabolico, una facies lombrosiana da avanzo di galera, una capacità bestiale e balorda di trattare la palla dopo averla agganciata, e di tirarla". Dietro-le-quinte - Un Ferrara quasi toccato, quasi commosso - s'immagina, poiché il testo è scritto - nel narrare con sfumature epiche il "morso". Appunto, "il morso, poi, la sua premeditazione, il suo arrivo da dietro, senza farsi scoprire, una specie di delirante dietro-le-quinte, è stato monumentale. Volete che esca dai Mondiali, e per un pareggio, una squadra che ha nel suo seno il talento e la sguaiataggine, la violenta volontà di potenza, di un uomo così?", chiede l'Elefantino. Per il direttore "il ghigno di Suarez è precisamente quello che manca, morsi ed eventuali squalifiche a parte, al panorama umano dell'italianità. Dobbiamo esserne fieri - si chiede -? Dobbiamo censurare negli altri quel che manca a noi? Non lo so. Forse è troppo. Ma quell'allegria da bambino di Balotelli e qui giri di frase narrativi di Pirlo, comprese le geometrie da fermo, sono precisamente il quid che ci manca. Non solo sui campi di calcio". Il paragone - Lo sgarro di Suarez, dunque, come metafora delle debolezze azzurre, della debolezza: la mancanza del quid, il deficit caratteriale, l'assenza dei "cojones". Ferrara continua con un passaggio epico. Sempre su Suarez: "Ci vuole del talento a essere così figli di puttana. Darei molto denaro per stare a tavola con lo psicanalista del morsicatore". E per concludere un parallelismo calcistico in cui l'Elefantino scomoda il Dio del calcio e l'episodio più celebre da che calcio fu, la "mano de Dios", appunto. "E quel talento lì, quella sfacciataggine che va dalla presa di Suarez sull'incolpevole Chiellini, fino alla simulazione del mal di denti da fallo subito, e che è paragonabile soltanto al celebre gol di pugno di Maradona, ecco, quello e quella non ce l'abbiamo. Mi spiace".

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