La letterina di Facci ad Ingroia:"Ma ci prende tutti per scemi?"
Berlusconi gli fa il gesto delle manette, poi il magistrato in aspettativa si fa intervistare su La7 e come al solito ridacchia, non risponde e racconta balle. Come quella del Cav che passa le veline al Fatto...
Spettabile Dott. ex Proc. e presto On. Antonio Ingroia, però non esageri nel farci tutti scemi di fronte a certa sua sicula svagatezza, non ci faccia tutti giocondi rispetto all'improbabilità di certe sue uscite. Oltretutto il primo a non reggere la parte è proprio lei, perché lei dice certe cose, sì, ma intanto sogghigna: forse perché mantiene un po' di senso del ridicolo che tanti lettori e teleascoltatori potrebbero tuttavia non cogliere, occhio. Prendiamo ieri mattina: è arrivato in ritardo alla tramissione «Coffee break» (La7) e ha incrociato Silvio Berlusconi che lasciava un'altra trasmissione, seguiva siparietto «cordiale» col Cavaliere che le porgeva i polsi (e vabbeh) più battutine varie. Poi è entrato in studio, non si è scusato per il ritardo (e vabbeh) dopodiché è cominciata la giostra delle - scusi - cazzate. Al punto che a un certo punto la conduttrice, Tiziana Panella, gliel'ha anche chiesto: «Ma io le sembro proprio cretina-cretina-cretina?». Cioè: lei aveva appena detto che non contava di occuparsi di politica per il resto della vita (e vabbeh) ma di fronte alla prospettata ipotesi di reindossare la toga, e rioccuparsi di mafia, lei aveva risposto che no, ci sono altri campi, tipo «liti condominiali», «incidenti stradali», «separazioni», cose così. Erano battute? Non sembrava, o meglio: non si capisce quando scherza e quando no, spettabile Dott. ex Proc. e On. Antonio Ingroia. Parentesi: lei, in un'intervista del 27 giugno scorso (rilasciata a questo giornale) aveva detto che una sua discesa in politica sarebbe stata «irreversibile». Ora scopriamo che è reversibile, tanto che lei non si è dimesso dalla magistratura ed è solo in aspettativa. Anche qui: non c'è un po' di compiacimento in questo suo esser cristallino come nebbia? Non la prenda male, ma certa sicilitudine non piace a tutti: a me per esempio piace, ma le assicuro che molti non la comprendono proprio. Lei, ieri, ha anche detto che potrebbe tornare a ricoprire incarichi internazionali, tipo quello che in Guatemala l'ha impegnata a dir tanto per un mese: ma – le chiediamo - gliela tengono in caldo a vita, quella poltrona? Che posto è? Ieri Le hanno chiesto anche questo, appunto, e lei ha risposto, tra il divertito e lo spensierato, che boh, prima quella poltrova l'occupava un procuratore argentino e però adesso forse no, perché si è candidato alle elezioni anche lui. Ecco. Che c'è in Guatemala, un corso di formazione politica per procuratori? Un'altra domanda - restando al fondamentale Guatemala - è stata questa: perché ci è andato se aveva in programma di candidarsi e fare addirittura un partito? Risposta: «Non avevo deciso». E sta bene, ci crediamo, non c'è ragione di dubitarne: gli incarichi Onu, peraltro accettati e posticipati più e più volte, sono un po' così, hanno le porte girevoli. Ma dia retta, spettabile Dott. ex Proc. e presto On.: non sottovaluti troppi i lettori e i teleascoltatori e persino noi, che avevamo capito tutto – tutti - da un sacco di tempo. Ma, quando glielo chiedevano, lei mica rispondeva «non ho deciso»: rispondeva che non era vero. Oppure si lanciava in proposizioni fataliste genere «chi può dirlo» e «mai dire mai». Sicché, sempre ieri, le hanno chiesto come mai alla fine abbia deciso - tra infiniti tira e molla - e sia disceso o salito in campo. E lei ha ripropinato la questione della contestuale «emergenza» che vive il Paese. Che è la stessa risposta, a badarci, di Mario Monti. E di Silvio Berlusconi. Tutti strappati dall'emergenza ai loro separati destini. L'ultima nota è già nota - perdoni il bisticcio - perché riguarda quando Lei e altri due pm interrogaste Berlusconi - in una caserma, riservatamente - e due giorni dopo gli stralci degli interrogatori comparvero sul Fatto Quotidiano. Era il 7 settembre scorso e presenti all'interrogatorio erano precisamente Berlusconi, i suoi legali, il procuratore Francesco Messineo, l'aggiunto Antonio Ingroia ed il sostituto Lia Sava. Tre ore di confronto che due giorni dopo finì appunto in prima pagina sul Fatto: chi passò i verbali a Padellaro e company? «Noi assolutamente no», ha risposto Ingroia ieri prima di aggiungere ciò che disse anche a suo tempo: «Sul Fatto è stato pubblicato quanto detto prima e dopo, ma non ciò che venne detto durante l'interrogatorio». Peccato che questo sia falso. Basta andare a vedere: i virgolettati sono una moltitudine e il resoconto dell'interrogatorio è precisissimo, c'erano anche dei dettagli sulla pausa caffè. Chi aveva passato il tutto? Ingroia ieri è stato meno ambiguo del solito, in un certo senso: esclusi i magistrati, restava solo Berlusconi. Immaginarsi la scena del Cavliere che passa virgolettati che lo riguardano ai suoi noti amici del Fatto. Morale: risate nello studio di «Coffee break». E Ingroia: «Ma io non lo sto accusando... ». Non lo sta accusando. E allora chi è stato? Boh. Sorrisini, leggerezza, mah, chissà, ah ah. E quella sua insostenibile svagatezza dell'essere. Candidato. di Filippo Facci